mercoledì 9 dicembre 2015
IL PAPA E LA RICCHEZZA
E' facile prendersela con il Papa che è un Uomo di pace e che quindi, per ispirazione divina, non ragiona in quei semplicistici termini che spesso ci capita di sentire e che sarebbero più adatti ad una infantile retorica.
Ad esempio, se la ricchezza è giusto che debba essere distribuita soprattutto ai poveri e ai meno abbienti, qualcuno questa ricchezza dovrà pur costruirla! Il problema semmai è quello di indurre i "ricchi" che costruiscono ricchezza, ad essere più caritatevoli e generosi con chi ha effettivo bisogno, non quello di pretendere che i RICCHI NON DEBBANO ESISTERE: infatti cosa si potrebbe prelevare, nel momento del bisogno, da una credenza VUOTA, vuota perchè non esistono più i cosiddetti "ricchi" che l'avrebbero potuta riempire?
E inoltre, quando il Santo Padre avesse venduto tutti i beni artistici ed architettonici presenti nel Vaticano e ne avesse distribuito il ricavato ai poveri, quegli immensi patrimoni non resterebbero forse ancora in mano ai ricchi che li hanno acquistati? In questo caso anche loro (i nuovi ricchi acquirenti), secondo il banale e semplicistico ragionamento retorico, dovrebbero poi fare altrettanto dopo aver speso molto denaro per acquistare quei beni? Siamo sicuri che un meccanismo di questo genere riuscirebbe a provocare nel mondo la miracolosa sparizione della povertà e quindi dei poveri? Non sarà invece più probabile che, con questo meccanismo, sia proprio la voglia di costruire altra ricchezza a sparire, visto che, a trarne il finale vantaggio, sarebbe solo chi non ha mai contribuito a realizzarla?
Ritengo perciò che sia più opportuno evitare di compiere inutili e fuorvianti voli pindarici e rientrare nell'alveo del buon senso, cercando piuttosto di invogliare la gente a costruire la ricchezza, ovviamente nella misura proporzionata alle possibilità di ognuno (vedi la parabola dei talenti!)con l'esempio, l'intelligenza e la saggezza del buon padre di famiglia, coinvolgendo un numero sempre più alto di persone, favorendone, con una corretta impostazione sociale, ogni possibilità di azione lecita, perchè è solo con il contributo di tutti alla costruzione della ricchezza diffusa che sarà possibile eliminare la povertà, perfino quella pelosa e bugiarda dietro la quale spesso si nascondono molti parassiti finti poveri.
lunedì 7 dicembre 2015
IL NOSTRO CARO CROCEFISSO
Il Crocefisso non è un simbolo di provocazione come qualche saccente ed assai stolto maestro vorrebbe farci apparire.
Il Crocefisso è il simbolo della nostra Civiltà e della nostra tradizione Cristiana.
Il Crocefisso rappresenta la nostra divisa occidentale che purtroppo molti di noi hanno già da tempo incautamente dismessa per mendicare, proprio da coloro che ci vogliono più male che bene, il fasullo ed inutile riconoscimento pseudomorale di comportamento politicamente corretto; un riconoscimento assolutamente vuoto e fraudolento di cui non sappiamo cosa fare.
La nostra Patria europea è la casa della nostra millenaria Civiltà che qui si è sviluppata in tanti secoli, raggiungendo i prestigiosi traguardi che la pongono oggi ai massimi livelli culturali fra tutte le altre nazioni del mondo.
E’ per questo che dovremmo difendere la nostra cultura occidentale con coraggio e convinzione, senza se e senza ma, certamente rispettando anche chi non la pensa come noi ma pretendendo, al tempo stesso, dagli esagitati e selvaggi pretendenti invasori che ci stanno minacciando, tutto il rispetto che ci è dovuto, sempre e dovunque!
Teniamolo bene in evidenza il nostro caro Crocefisso sia nelle scuole, sia nei locali pubblici e privati, dimostrando così di avere lo schienale dritto e rigido come la Croce di Cristo e non un assai poco dignitoso schienale elastico e pieghevole come invece piacerebbe a tutti coloro che mirano a soddisfare soltanto il proprio interesse che, ovviamente, non può affatto coincidere con quello nostro e dei nostri figli!
sabato 5 dicembre 2015
Chiamatemi Francesco
Un Papa come Francesco è il dono che lo Spirito Santo ha voluto dare oggi alla Sua, alla nostra Chiesa che spesso dimentichiamo di difendere per timore di essere criticati da chi in effetti non la ama ma la vuole soltanto distruggere.
Papa Francesco sta dimostrando coraggio ed una profonda fede perchè questa Lui la unisce alle opere e quindi non la fa rimanere sterile.
Noi che ci soffermiamo interessati e commossi sul film "Chiamatemi Francesco", una volta finito il film, non siamo minimamente interessati ad impegnarci nel difendere con coraggio e vigore la nostra fede!
Questo perchè non siamo convinti che la fede sia un dono ed un'arma invincibile che il Signore ci offre; eppure Papa Francesco questo messaggio lo ripropone sempre nei suoi discorsi e nel suo atteggiamento quotidiano.
Noi la fede non la riconosciamo e quindi non l'accogliamo perchè siamo attratti dagli interessi materiali che riteniamo per noi molto più importanti anche se, alla fine, non contano alcunchè.
Il film su Papa Francesco può essere interessante ma se nel film non si evidenzia che dietro il Papa e la Chiesa c'è lo Spirito Santo, il film è soltanto un bel racconto che può anche commuovere ma che trascura l'essenza fondamentale che caratterizza il Santo Padre come autentico successore di Pietro, nominato direttamente da Gesù, il Fondatore della nostra Chiesa.
Difendiamola!
mercoledì 18 novembre 2015
Il Crocefisso nelle scuole e nei locali pubblici
Il Crocefisso (l'Uomo che sta inchiodato sulla croce) è innanzitutto il Fondatore della Chiesa Cristiana, della nostra Chiesa che predica la pace ed il perdono a differenza di altri che invece esaltano la violenza e la vendetta. Il Crocefisso è proprio il nostro Dio fattosi uomo, il nostro Signore che, avendoci amato fino alla sua morte in croce, continua ad amarci e non permetterà che gli sciocchi predicatori del socialmente e/o politicamente corretto provochino, nelle menti della nostra società, attualmente un pochino distratta, il germoglio e lo sviluppo del germe dell'autodistruzione. La nostra civiltà Giudaico-Cristiana ha, con il proprio impegno e sacrificio, sviluppato il progresso e l'emancipazione dei suoi popoli ai livelli attualmente raggiunti, consentendoci di vivere in una società che tanto benessere ha dato a tutta l'umanità. I risultati raggiunti dalla nostra Società occidentale sono a disposizione di tutti, non sono soltanto per noi ed è per mantenere questo ecumenico e cristiano principio distributivo che dobbiamo impegnarci a difendere le nostre conquiste contro l'arroganza e il disprezzo per la vita che questi nuovi spietati predoni ci vorrebbero imporre. Nel primo millennio abbiamo saputo fermare i barbari combattendoli con forza e coraggio, riuscendo a farli diventare parte attiva nel cammino di sviluppo comune che ci ha portati insieme a divenire ciò che oggi siamo. Per questo, anche nel terzo millennio, dobbiamo riprendere le forze per combattere questi nuovi barbari perchè è nostro dovere difendere le nostre tradizioni e la nostra Fede. E' questo il momento di assumere ognuno le proprie responsabilità, senza se e senza ma perchè la nostra civiltà sta rischiando seriamente di fare la fine della città di Palmira. Al violento si risponde con la forza ed in genere è facile bloccarlo ma ci vuole molto più impegno e determinazione quando i violenti sono anche selvaggi ed ignoranti. Alziamo la testa e teniamo nelle nostre scuole, con impavido orgoglio, il nostro Simbolo di Fede e di Civiltà. Non dobbiamo avere paura perchè, come già detto da un illustre statista italiano alla fine della seconda guerra mondiale, se siamo uniti saremo forti, se siamo forti saremo liberi!
domenica 1 novembre 2015
Arrestato il Presidente di RFI
La lealtà nei confronti della Famiglia naturale è la base per la costruzione del futuro della Società civile. Anche nella nostra Famiglia di ferrovieri può accadere che qualche elemento non rispetti la regola della fedeltà e dell'onestà nei confronti dei suoi componenti e questo si può verificare e quando accade fa certamente male, ma di fronte a certe situazioni rare ed episodiche ci deve confortare il valore superiore della integrità morale della maggior parte dei Ferrovieri che, con il loro lavoro e la loro fedeltà alla Famiglia, hanno consentito quel grandissimo salto di qualità, dal punto di vista tecnico e morale, della nostra Azienda (la chiamo ancora Azienda perchè mi riconduce al concetto di Famiglia) che ha sempre posto in primo piano, come obiettivo principale, quello di apportare supporto e vantaggio all'intera collettività nazionale, grazie al sacrificio e all'impegno di tutti i Ferrovieri che meritano l'encomio più sentito anche a fronte di chi, occupando posti di vertice, assegnati per meriti di competenza tecnica e morale molto spesso del tutto inesistenti, hanno macchiato con il loro indegno comportamento etico-morale il glorioso labaro, ricco di medaglie al merito, della Famiglia dei Ferrovieri.
martedì 20 ottobre 2015
Confronto e dialogo per una costruttiva integrazione culturale
La storia degli eventi bellici è generalmente scritta, in prima battuta, dai vincitori che si appropriano della titolarità della regìa nel racconto della vicenda narrata; questi tendono solitamente a declinare i fatti accaduti secondo un paradigma conforme al proprio punto di vista, trascurando quell’esigenza di obiettività che dovrebbe invece sempre caratterizzare ogni corretta ed autentica trattazione storica. Ciò che accade quotidianamente viene riportato, in tempo reale, dai media che, attraverso i giornalisti, provvedono a fornire l’informazione al pubblico. Quanto riportato però non sempre si rivela pienamente rispondente allo svolgimento dei fatti in quanto “raccontati” in una forma tale da fornire al lettore o al teleascoltatore una chiave di lettura più aderente alla linea di pensiero di chi li narra; è ciò che accade quando la stampa o la televisione si occupano di temi riguardanti questioni politiche importanti o trattano aspetti legati a grandi e significativi stravolgimenti sociali che, non sempre, vengono trattati in maniera obiettiva, proprio perché influenzati dalle linee di orientamento di una particolare testata giornalistica o di una certa trasmissione radio-televisiva. Le informazioni offerte al pubblico vengono diffuse in modo sempre più rapido, sacrificando a tale esigenza, i necessari approfondimenti che richiederebbero più tempo. E’ pertanto evidente come l’esposizione dei fatti di cronaca e di attualità non possano rappresentare a pieno ciò che, solo successivamente, entrerà a far parte del dominio della Storia ed è soltanto per un doveroso riguardo alla libertà di espressione che anche queste forme di discrasia interpretativa possono trovare accoglimento nell’opinione pubblica. In effetti, dopo molti decenni, quando i legami più stretti con i protagonisti della cronaca si sono affievoliti e le contrapposizioni personali sono venute meno, anche a seguito della scomparsa dei personaggi a vario titolo coinvolti, si fa strada l'esigenza di dover affrontare l'analisi fattuale degli eventi da un punto di vista più obiettivo, partendo da quella posizione di terzietà che solo gli Storici attenti riescono ad assumere. Ad esempio la vicenda della morte di Giulio Cesare, se fosse stata raccontata dai cittadini romani del tempo, sarebbe stata molto diversa da quella che avrebbe raccontato uno dei suoi assassini, Marco Giunio Bruto che, insieme ad altri cospiratori, uccise il grande generale romano il quale era invece profondamente amato dal popolo. Due visioni dei fatti, in quel medesimo tempo, diametralmente opposte perché rappresentative di interessi, sentimenti e risentimenti personali diversi e in costante conflitto fra loro: infatti Giulio Cesare, per i suoi assassini, era un pericoloso attentatore, traditore della Repubblica mentre, dal popolo romano, era considerato un grande eroe. Sappiamo come, successivamente, gli storici abbiano descritto quella vicenda, depurandola dei risentimenti personali che erano legati ai fuorvianti elementi marginali delle cronache del tempo e delle inevitabili gelosie fra diverse fazioni, concentrandosi sull’esame dei fatti reali che, in tale modo, trascorsi tanti secoli, è stato possibile studiare e valutare in modo molto più approfondito ed obiettivo al punto che l’evoluzione della Repubblica di Roma verso l’affermazione del suo Impero non è stata minimamente ostacolata dalle inutili diatribe sulla questione di Giulio Cesare ma piuttosto favorita dalla pacificazione e dall’unione delle diverse fazioni, rendendo possibile la realizzazione della grande potenza di Roma. Analogamente, potremmo svolgere le medesime considerazioni sulla vicenda di Cesare Battisti, accaduta nel secondo decennio del secolo scorso: un personaggio che, da una parte, veniva considerato eroe e dall’altra un traditore, reo di morte. Purtroppo ancora oggi si tende a voler rappresentare la Storia in modo unilaterale, mantenendo così gli steccati divisori e tralasciando di seguire lo storico insegnamento che giustamente suggerisce un atteggiamento più costruttivo, orientato all’interesse comune della salvaguardia della nostra “trentinità”. Peraltro è anche comprensibile come, nell’occasione del centenario dell’entrata in guerra dell’Italia nel primo conflitto mondiale, a fianco delle potenze dell’intesa, l’attuale Governo nazionale abbia voluto puntare a rappresentare tale evento nell’ ambito del più ampio quadro storico-risorgimentale italiano che da molti viene considerato concluso nel 1918 con l’annessione all’Italia del Trentino-Alto Adige e dei territori di Trieste, in una chiave di lettura certamente più aderente ad una visione di parte italiana; ciò non dovrebbe sorprendere più di tanto in quanto immediata conseguenza di un atteggiamento dettato da una evidente opportunità politica che, comprensibilmente, non ha mai trascurato il rilevante peso numerico della popolazione italiana rispetto a quello delle minoranze trentina ed altoatesina. In ogni caso, in questo quadro di riferimento, l’atteggiamento più opportuno da seguire, penso sia quello di procedere, attraverso l'unica risposta saggia e legittima, propria di chi intenda puntare alla costruzione dei presupposti per l’apertura ad un confronto, sincero e leale, su una questione delicata ed importante come quella trentina nell’ambito della prima guerra mondiale e delle conseguenze socio-politiche che ne sono derivate, favorendo l’avvio di un dialogo franco e costruttivo fra i cultori e i sostenitori dei diversi punti di vista. Dunque, abbandonando qualsiasi spunto polemico, suggerirei di lasciare che le manifestazioni di carattere storico e culturale possano trovare, libero spazio di espressione, anche quando l’acuirsi delle contrapposizioni e degli attriti fra le diverse convinzioni ideologiche, sembrerebbero concedere scarse possibilità di mediazione. Ma la ragionevolezza ed il coraggio impongono di non arrendersi mai, anche di fronte a delle difficoltà che possono talvolta apparire insuperabili perché lo spazio per trovare “una quadra” c’è sicuramente; basta volerlo cercare questo spazio facendo prevalere, soprattutto tra noi Trentini, gli elementi che uniscono rispetto a quelli che dividono. In questo particolare momento che vede emergere una contrapposizione, talvolta esasperata da forme di eccessivo antagonismo, vorrei ricondurre il ragionamento sul piano del più pacato confronto; un piano su cui poggia l’esigenza di ritrovare quella sensibilità in grado di guidare ognuno di noi, nessuno escluso, verso quell’ auspicata “resa dei conti”, pacifica e condivisa che, una volta inquadrati ed approfonditi i meriti e i demeriti che sappiamo comunque essere presenti in ciascuna delle parti, punti definitivamente a fare "ritorno a Casa". Mi riferisco in particolare alla nostra Casa/Patria ove conserviamo, senza distinzioni e divisioni, i Valori supremi ed intangibili che, per troppo tempo, abbiamo dimenticato di trasferire ai nostri giovani, affinchè essi possano prendere parte attiva e consapevole a questo grande processo di unificazione morale e culturale che ci differenzia, come Trentini, dalle altre comunità sociali presenti nel resto d’Italia. La nostra piccola realtà territoriale, inserita nello Stato italiano, punti unita ad esibire le proprie peculiari caratteristiche di amata Patria fondata principalmente sulla solidarietà umana, sulla convivenza civile e sul reciproco rispetto per tutti gli ideali che, per secoli, l’hanno qualificata ed onorata poiché questi sono i requisiti più nobili e significativi della nostra cultura di "gente della montagna" a cui noi ci onoriamo di appartenere e alla quale desideriamo rimanere fedeli sulle orme dei nostri padri: FEDE nella nostra plurimillenaria cristianità, AMORE per la nostra terra e profondo AFFETTO per le nostre tradizioni". Sforziamoci di cercare, anche nel terreno minato delle contrapposizioni ideologiche che inevitabilmente si incontrano lungo il tragitto irto e difficile del dialogo, ciò che ci unisce piuttosto che indugiare senza costrutto sulle questioni che invece ci dividono. Puntiamo insieme, anche compiendo un gesto di buona volontà attraverso un piccolo passo, gli uni verso gli altri, alla costruzione di una società più moderna ed efficiente, di cui tutti indistintamente abbiamo bisogno, appianando, ognuno per la propria parte, le molteplici asperità del confronto, nel pieno rispetto per lo Stato Italiano da cui ci aspettiamo la conferma della sua fiducia nella nostra Autonomia ed il sincero rispetto per la nostra atavica storia di territorio alpino posto a cerniera fra la cultura latina che ci ha generato e la cultura europea che ci ha adottato.
mercoledì 30 settembre 2015
L’adunata nazionale degli Alpini a Trento nel 2018
Mi sembra un discorso, quello di Franco De Battaglia, molto sereno, obiettivo e condivisibile. Per avere un quadro completo della situazione storica di un secolo fa, basterebbe risalire all’analisi delle cause che generarono il primo conflitto mondiale nel 1914 e, in proposito, suggerirei ai volenterosi interessati di andare opportunamente ad indagare sui dettagli delle considerazioni che furono poste alla base dei ragionamenti seguiti dai neoaspiranti "conquistatori italiani", meglio conosciuti, nel periodo luglio 1914 - maggio 1915, come gli appartenenti alla scuola di pensiero degli “interventisti”, i quali, forzando la mano dell’opinione pubblica, riuscirono a far digerire "ai più riottosi" (per usare le medesime parole del Dr. Pinamonti) la scelta strategica italiana della denuncia della fine della Triplice Alleanza per schierare l’esercito del Regno d’Italia a fianco degli avversari, inglesi, francesi e russi. Fu soprattutto a seguito dell'accondiscendenza, molto interessata e pelosa, della Casa Savoia, ingolosita dai vantaggi economico-territoriali promessi “dal gatto e dalla volpe” (il noto e astuto binomio anglo-francese), negli accordi di Londra che l’Italia, rinnegando l’alleanza vigente dal 1882, decise di passare dalla parte dell’Intesa (Inghilterra-Francia-Russia), assumendosi una consistente parte di responsabilità nella conseguente sconfitta degli Imperi Centrali (Austria-Ungheria e Germania) che, diversamente e con molta probabilità, attraverso una solida, proficua ed efficace collaborazione socio-economico-industriale, anche con l’Italia, avrebbero potuto anticipare di un secolo l'unità europea contrastando, fin dall’inizio del secolo XX, lo strapotere anglo-francese che, ancora oggi, vorrebbe decidere unilateralmente sui destini del nostro continente. Quella del 1918 fu, per gli imperi centrali, una sconfitta grave e sanguinosa che generò, per reazione all'ingordigia anglo-francese, la nascita del totalitarismo nazista che, insieme al regime fascista italiano, tante sciagure provocò anche al nostro Paese negli anni successivi. Dunque cosa ci sarebbe da festeggiare, proprio nel 2018, a Trento? Gli anniversari vanno celebrati nel rispetto di tutte le opinioni e quindi l’adunata degli Alpini, la grandissima Associazione Nazionale, ricca di meriti e di onore che ci inorgoglisce per le iniziative di fraterna solidarietà ed altruismo sempre puntualmente dimostrate in ogni occasione, in questo caso, data la specificità della nostra Provincia, ove i nostri Alpini sono figli e nipoti dei nostri Kaiserschützen, altrettanto meritevoli di onori e di rispetto, anziché nel 2018, data del centenario della conquista del Trentino e quindi data di una sconfitta per i Kaiserschützen Trentino-Tirolesi , poteva essere organizzata in altra data, dimostrando così un cenno di attenzione ed un messaggio di riconciliazione per questo dettaglio storico particolarmente significativo per la nostra tradizione Trentina. Suggerirei di cercare, senza perdersi in inutili diatribe, di ricondurre nell'alveo della nostra atavica tradizione Trentino-Tirolese le ragioni e quei principii che, fin dai tempi della casa regnante degli Asburgo, giustificarono la particolarità territoriale del Trentino e che, purtroppo il regime fascista italiano, fin dai primi anni venti, impose di annientare e cancellare sia nel nostro Trentino, sia in Alto Adige. La nostra Autonomia è essenzialmente e prima di tutto basata su principi morali e sul senso di appartenenza alle tradizioni secolari, profondamente legate al nostro territorio e sugli eventi storici più significativi che nei secoli ne hanno confermato la legittimità. Oggi, come un secolo fa, occorre essere vigili ed attenti, non trascurando neanche minimamente i significati delle manifestazioni che, come in questo caso (quella del raduno del 2018), al di là degli aspetti estetici che possono essere giudicati più o meno provocatori, non vanno sottovalutati perché potrebbero essere utilizzati, più come sostanza che come forma, da chi, in malafede, punta invece a minare le basi per il mantenimento dei presupposti storico-culturali della nostra Autonomia. Questa nostra Autonomia, le cui radici affondano nella nostra storia secolare, va difesa con tutte le forze dagli attacchi di chi pensa ancora di riuscire (con la forza?) a "far cambiare idea ai più riottosi" come già era accaduto, alla fine della prima guerra mondiale, ad opera del Senatore del Regno d'Italia Ettore Tolomei, uno dei più significativi esponenti del nazionalismo italiano del Novecento ed acerrimo nemico della nostra minoranza trentino-tirolese.
lunedì 28 settembre 2015
Imparare le tabelline a memoria
Chi pretende di eliminare l'obbligo di imparare a memoria le tabelline, se in buona fede, significa che ha un cervello più piccolo di quello di un colibrì; se invece è in malafede, allora significa che sta puntando al declassamento dell’essere umano per renderlo simile ad una macchina che funzioni soltanto con l’inserimento di schede precompilate (da qualcuno), più o meno come un robot che è incapace di pensare e che agisce soltanto come una macchina gestita dal computer di bordo a sua volta programmato da qualcuno.
Attenzione a non sottovalutare questo gravissimo rischio che sta correndo la libertà di pensiero!
Folclore o radici culturali?
Nel quadro di riferimento economico generale che non sta affatto evolvendo in modo positivo, purtroppo affiorano segnali sempre più preoccupanti, soprattutto al livello delle scelte economiche del Governo Centrale e che, pian piano, si stanno rivelando come vere e proprie subdole azioni erosive delle basi su cui poggia il riconoscimento costituzionale della nostra preziosa Autonomia. Tali basi affondano le proprie radici nella nostra Storia: una Storia che non rappresenta un’ opinione da poter essere utilizzata a proprio piacimento da qualcuno e plasmata a seconda delle esigenze del momento. La Storia Tirolese e quindi del Trentino Tirolese non è manipolabile perché è e rimane scolpita, a chiare lettere, sulla durissima pietra della realtà dei fatti documentati che si sono svolti nel corso dei vari secoli della Storia del Tirolo. Anche le tradizioni che si sono tramandate per tanti anni, dagli anziani ai più giovani, prendono corpo e forma nell'impostazione etica e morale che tutti noi abbiamo ricevuto dai nostri antenati; un’ impostazione che ci caratterizza in modo particolare e che rappresenta un arricchimento per lo Stato il quale, proprio per questo, si è impegnato, a suo tempo, a riconoscere e sostenere la nostra realtà territoriale quale importantissima cerniera culturale fra sud e nord Europa. Diventa quindi, per tutti noi, un sacro dovere difendere con coraggio e decisione le peculiarità del nostro Territorio e della sua Gente, innanzitutto attraverso un comportamento esemplare ed irreprensibile che ponga il rispetto dell'ambiente, del territorio e la difesa della sua popolazione come primo ineludibile obiettivo, insieme alla salvaguardia della nostra identità particolare di popolo della montagna, profondamente radicato nel proprio tessuto ambientale. Per questo, ogni iniziativa che proponga, anche solo da un punto di vista estetico, l'appartenenza alle nostre ataviche tradizioni, va sempre incoraggiata e favorita. Non si tratta di folclore come l'insensibilità e la superficialità di qualche detrattore in malafede vorrebbe far credere, perché anche una rappresentazione estetica che riconduce, nella forma, alle nostre tradizioni tirolesi, assume il valore di sostanza, in quanto rappresenta l'emblema della specificità della nostra “tirolesità di lingua italiana” ; una specificità che merita tutto il rispetto per il concreto riconoscimento della nostra autonomia territoriale le cui basi sono molto più solide di una semplice spruzzata di folclore.
mercoledì 23 settembre 2015
Il carro di fieno
Il carro del fieno è uno dei
simboli più rappresentativi delle tradizioni di Vermiglio. Nel periodo della
fienagione di alcuni decenni or sono, da giugno a settembre, i prati del
fondovalle e dei pascoli in quota brulicavano di persone impegnate nella
raccolta del fieno: uomini, donne e bambini che, ciascuno per la propria parte,
partecipavano a questo evento che vedeva accomunate gran parte delle famiglie
di Vermiglio, dando vita ad un dinamico e pittoresco quadro agreste, arricchito
dalla ridente e splendida armonia che da quelle persone promanava, con lo sfondo
di un meraviglioso ambiente alpino.
Marcello Serra, con un tuffo nel
passato, riporta l’orologio della vita ai tempi della sua fanciullezza e
ripropone, come in un gioco per uomini e donne ritornati fanciulli, un evento
pieno di ricordi e di affetti mai dimenticati.
Marcello Serra
martedì 22 settembre 2015
La battaglia di Carzano
Ricordare i Caduti è, in ogni caso, cosa
buona e giusta anche se il ricordo aleggia indipendentemente sui soldati caduti nel corso di combattimenti avvenuti
fra schieramenti opposti e, nel caso rappresentato, Austroungarici ed Italiani;
ciò in quanto la vera Pietà e la sincera Compassione non guardano mai al colore
della pelle, né al colore della divisa indossata. La riconciliazione degli
animi poggia infatti sulle solidissime basi della Carità Cristiana e della Memoria che
ognuno di noi riserva pietosamente nel proprio cuore per rendere omaggio al
sacrificio dei giovani combattenti costretti, da eventi decisi e mossi da
altri, ad essere per forza nemici, spesso senza conoscerne le ragioni. Per questo
la cerimonia svoltasi recentemente a Carzano assume il giusto significato di un doveroso ossequio
al sacrificio dei Caduti che in quel luogo persero la vita. Ciò premesso vorrei
aggiungere alcune osservazioni relativamente al protocollo della manifestazione
che però ho seguito soltanto attraverso la breve durata del filmato e quindi mi
scuso se, non avendo seguito tutti i passaggi della cerimonia, alcune mie
considerazioni potrebbero risultare superflue. La vicenda di Carzano è nota e
ricalca il fatto accaduto nel 1917 di un tentativo di tradimento da parte di un
ufficiale austroungarico, di nazionalità slovena, che aderiva ad una
organizzazione segreta slovena, contraria al regime asburgico. Il tenente
Ljudevit Pivko,questo il suo nome, fin dall'estate 1917, iniziò ad attivare una
intelligenza con il nemico italiano a cui, segretamente e sistematicamente,
forniva notizie riservate sulle fortificazioni austroungariche nella zona di
Carzano in Valsugana. La vicenda di Carzano, senza dubbio, nasce quindi da un
tradimento; un tradimento che appare ancora più grave perchè attuato da un
ufficiale che, senza alcuno scrupolo di coscienza, non esitò a vendere la vita
dei propri soldati. In realtà la vicenda si concluse in modo poco onorevole sia
per il tenente traditore Ljudevit Pivko, sia per il contingente dei soldati
italiani che, nonostante le facilitazioni messe a punto, in loro favore, dai congiurati
traditori austroungarici, dovettero capitolare e fuggire in modo scomposto sotto
il fuoco del nemico che, allertato da qualcuno, intervenne in modo massiccio facendo
strage dei bersaglieri italiani e catturando anche molti prigionieri. Non fu dunque una grande
esibizione quella degli italiani e soprattutto dei loro ufficiali che, anche se
aiutati e facilitati dalle informazioni ricevute dall'ufficiale sloveno
traditore, non furono in grado di portare a compimento, nel modo sperato, l’azione
da tempo pianificata che avrebbe dovuto aprire, alle truppe italiane, la strada
verso Trento. Nel filmato, prima delle note del silenzio, riservato giustamente
a tutti i Caduti, ho notato che è stata suonata anche la canzone del Piave nel
cui testo viene riportata la frase "
l'esercito marciava per raggiunger la frontiera e far contro il nemico una
barriera". Ora mi viene spontaneo riflettere su chi fosse in effetti l'aggressore
e chi fosse invece l'aggredito, rilevando qui una palese contraddizione dei
fatti perchè gli austroungarici erano posizionati a difesa dell'accesso del
nemico italiano il quale aveva pianificato, sfruttando un tradimento, l’aggressione
e l'invasione di Trento. Per questo motivo riterrei che, l’aver suonato in
quella occasione la musica della leggenda del Piave, abbia costituito una indubbia
mancanza di riguardo che poteva essere evitata, nei confronti della realtà dei
fatti e dei Caduti soprattutto da parte austroungarica.
Marcello Serra
sabato 19 settembre 2015
La dinastia degli Asburgo
Per oltre 400 anni la Casa d'Austria ovvero la dinastia degli Asburgo (
o Absburgo) ha governato l'Austria ed i suoi vasti possedimenti che erano diffusi
in gran parte dell'Europa, ricoprendo fino al 1804, con i propri discendenti,
anche il ruolo di Imperatore del Sacro
Romano Impero a cui era associato il titolo di Re dei Romani. Tale ruolo è sempre stato esercitato dagli Asburgo con un atteggiamento di profondo
rispetto delle regole, dando prova di grande impegno per l'interesse comune con
l’introduzione di importanti riforme tese a migliorare il funzionamento dell’amministrazione
statale. Per gli aspetti relativi alle più significative riforme introdotte, un
particolare cenno va fatto alla splendida figura dell' Imperatrice Maria Teresa
e alle fondamentali riforme da lei introdotte durante il suo regno, dal 1740 al
1780 come, ad esempio, la legge sulla scuola obbligatoria per tutti fino
all'età di 14 anni, a cura e spese dello Stato, l'impostazione del nuovo
catasto degli immobili per obbligare ogni suddito, senza eccezioni, nobiltà ed
alto clero compresi, al pagamento delle tasse, l’istituzione dell'Accademia Militare
per la formazione degli ufficiali dell'esercito, ruolo che prima veniva assunto
dalla nobiltà per diritto acquisito,
anche da elementi estremamente impreparati ed incapaci. Nel 1736, Maria Teresa
d'Austria sposò Francesco III Stefano, duca di Lorena dal quale, nel corso di un matrimonio felice, ebbe 16
figli, di cui solo 10 raggiunsero l’età adulta. E’ da quel momento che la dinastia
degli Asburgo iniziò a chiamarsi dinastia Asburgo-Lorena. Un altro grande
Imperatore d'Austria è stato Francesco Giuseppe che, salito al trono nel 1848 a
soli 18 anni, regnò fino alla sua morte, avvenuta nel novembre del 1916. Egli
governò dimostrando grande senso del dovere e grande spirito di sacrificio,
dando sempre prova di una grande fedeltà sia nei confronti del ruolo ricoperto,
sia nell'impegno rivolto alla salvaguardia degli interessi dei suoi Popoli e
dell'Impero che era costituito da ben 11 nazionalità!. L'ultimo Imperatore fu
il pronipote di Francesco Giuseppe, Carlo I d' Asburgo-Lorena che, alla fine
della 1^ Guerra mondiale, a seguito della sconfitta subita dagli Imperi
Centrali, dovette rinunciare al trono e costretto all’esilio nell'isola di
Madera, in Portogallo, ove si stabilì con la sua famiglia, affrontando una
situazione ai limiti di una modesta sopravvivenza. Il suo comportamento eroico,
dal punto di vista morale, lo indusse a rinunciare a qualsiasi rivendicazione
di ruolo regale e, nonostante le innumerevoli sollecitazioni e l’appoggio di
molti suoi sostenitori, preferì soprassedere a far valere la legittima rivendicazione,
del titolo di Re Apostolico di Ungheria, proprio per evitare il rischio di una
guerra civile, preferendo chiudere la sua carriera lontano dal suo Impero ormai
dissolto, a Fuchal, ove morì di polmonite nel 1922 a soli 34 anni, assistito
dall'affetto della sua cara sposa, l'Imperatrice Zita e dai suoi giovanissimi
figli, con il conforto della fede che sempre lo accompagnò nella sua intensa ma
breve esistenza. Il 3 ottobre 2004, questo giovane Imperatore venne proclamato
Beato da Giovanni Paolo II, per l'eroica azione morale dimostrata soprattutto
nel periodo della guerra, durante la quale si adoperò in modo continuo ed
instancabile per cercare soluzioni diplomatiche atte a fermare l'inutile strage
della guerra che così veniva ripetutamente chiamata dal Papa Benedetto XV. Mio padre,
nato nel 1911, è stato suddito, fino al 1918, dei due ultimi Imperatori come lo
furono i miei antenati trentini da cui ho ereditato lo spirito di ammirazione
per questa nobile e fedele dinastia sulla quale ho svolto e svolgo continui approfondimenti storici dai quali è emersa chiaramente l’importanza del ruolo avuto
dalla Casa d'Austria nella crescita e nello sviluppo sociale del nostro
Trentino Tirolese. Giova ricordare al riguardo che, fin dal XIV secolo la
contea del Tirolo, a cui apparteneva anche il Trentino attuale, era uno dei più
importanti possedimenti degli Asburgo che lo governavano assumendo il
titolo di Conti del Tirolo. A questa
regione gli Imperatori della Casa d'Asburgo erano sempre molto affezionati.
Basti citare ad esempio il grande Imperatore Massimiliano I che, per
l’attaccamento al “suo amato” Tirolo fissò per molto tempo la sua residenza
imperiale ad Innsbruck, facendosi incoronare Imperatore del Sacro Romano Impero
a Trento nel 1508. Per questo, quale discendente da famiglia trentina-tirolese
di lingua italiana, esprimo tutta la mia ammirazione per la Casa d'Asburgo e
per la sua storia.
Marcello Serra
lunedì 14 settembre 2015
Il doloroso addio
Addio care montagne
dalle verdi foreste e dall’acque
chiare e spumeggianti .
Addio dolci ricordi racchiusi nelle
calde dimore
della nostra terra.
Addio carissima valle, bella e
rigogliosa
che in questo giorno triste e
doloroso
lentamente t’allontani.
Per sempre, amata terra,resterai nel
nostro cuore
con la speranza ardente e viva
di far ritorno al caro suolo
Marcello Serra
Con questi semplici versi, Marcello Serra, immaginando i sentimenti di tristezza e di passione che possono
essersi addensati nel cuore di ognuno,
prova a dare voce all’accorato addio alla propria terra da parte della popolazione di Vermiglio, costretta ad
abbandonare le proprie case, nell’agosto 1915, sotto la minaccia delle granate
italiane a seguito della dichiarazione di guerra all’Austria-Ungheria, il 23 maggio 1915, da
parte del Regno d’Italia.
Le parole della poesia vengono riportate
in didascalia nelle immagini del DVD dal
titolo :
“ LE TRADIZIONI E LA STORIA DI VERMIGLIO ” realizzato
da Marcello Serra nel 2014.
domenica 13 settembre 2015
Tre giorni di traversata a quota 3000
Questo filmato riproduce un fatto accaduto, nell’agosto 1990, ad un gruppo di amici durante una spedizione sulle montagne del gruppo Adamello-Presanella, sui leggendari luoghi ove, nel corso del primo conflitto mondiale, si opponevano gli eserciti italiano ed austroungarico alle quote impossibili dei ghiacciai. Per lasciare una traccia di questa indimenticabile avventura, ho scritto un libro dal titolo “Tre giorni di traversata a quota tremila” che è disponibile presso la Biblioteca comunale di Vermiglio. Questa esperienza ha lasciato un segno indelebile in tutti noi, protagonisti di un evento che si inserisce nel contesto storico più ampio, collegato agli eventi occorsi su queste montagne nel corso della prima guerra mondiale, in un particolare quadro di riferimento meglio conosciuto con il termine di “Guerra Bianca”. Dall’avventura che è stata ricostruita nel filmato con i protagonisti nella veste di attori, ho preso lo spunto, insieme agli altri amici, per fondare il GEAV, Gruppo Escursionisti Alpini di Vermiglio di cui sono Presidente. Quest’anno il Gruppo compie 25 anni di vita. Al Passo Maroccaro, a quota 3000 mt , sulla cornice della Conca Presena, nel 1991 è stata posta dal GEAV una targa commemorativa che ogni anno visitiamo insieme ai Soci e ai numerosi simpatizzanti . Il Gruppo ha svolto da allora tante escursioni alla ricerca reperti e di immagini lungo i luoghi storici della Guerra Bianca, sviluppando anche approfondimenti nel campo dello studio e della ricerca sugli aspetti più significativi della prima guerra mondiale che ha così profondamente segnato i luoghi e la popolazione di Vermiglio in quel tragico periodo. Con l’occasione desidero qui ricordare, con il caloroso affetto di tutti noi, tre amici protagonisti dell’avventura del 1990, Carlo Ferrari, Gianni Dameno e Giuseppe Stefanolli che “sono andati avanti” e che, per circa un quarto di secolo, hanno condiviso in allegria con noi tante belle avventure su queste montagne.
Marcello Serra
Marcello Serra
L’ISIS e la distruzione dei simboli
Distruggere i simboli di una tradizione, di una religione,di una
civiltà è come volere eliminare le idee che vivono nel pensiero: è impossibile
fermarle come è impossibile fermare il vento con le mani. Chi distrugge un
simbolo di civiltà è un essere sottosviluppato che odia tutto ciò che non
riesce a comprendere e che, a causa del proprio sclerotico sottosviluppo
mentale, non percepisce nemmeno l'esigenza di sforzarsi a capire il significato
dei simboli che egli disprezza. Le azioni di selvaggia crudeltà con le quali
questi esseri stanno caratterizzando il proprio comportamento, esibendone
anche uno spudorato autocompiacimento, non ci devono assolutamente fare deviare
dai principi sui quali abbiamo fatto grande la nostra plurimillenaria civiltà
che saprà reagire in modo adeguato, indipendentemente dalle pelose idee
buoniste, debordanti della più menzognera demagogia che gli inconcludenti
quanto arrendevoli governanti nazionali ed europei tentano di somministrare ai
nostri concittadini che, molto più saggiamente di loro, stanno dimostrando di
possedere l'orgoglio di chi sa rivendicare con convinzione e coraggio
l'appartenenza ad una civiltà come quella giudaico-cristiana che ha fatto da
maestra al mondo.
Marcello Serra
Le tradizioni e la storia di Vermiglio
Ad un secolo circa dagli eventi che hanno profondamente sconvolto la vita della popolazione di Vermiglio nel corso della Prima Guerra Mondiale, questo filmato vuole essere un omaggio al paese di Vermiglio e alla sua popolazione per i lutti, le sofferenze e le privazioni subite.
Il filmato illustra alcuni degli aspetti più significativi di questo meraviglioso territorio e della sua gente, descrivendone gli usi e le più note tradizioni, dedicando un doveroso richiamo agli storici eventi che hanno interessato Vermiglio e la sua Valle nel corso del primo conflitto mondiale, sul fronte di combattimento che si sviluppava in corrispondenza della zona del Tonale.
Marcello Serra
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