martedì 22 settembre 2015

La battaglia di Carzano

Ricordare i Caduti è, in ogni caso, cosa buona e giusta anche se il ricordo aleggia indipendentemente sui  soldati caduti nel corso di combattimenti avvenuti fra schieramenti opposti e, nel caso rappresentato, Austroungarici ed Italiani; ciò in quanto la vera Pietà e la sincera Compassione non guardano mai al colore della pelle, né al colore della divisa indossata. La riconciliazione degli animi poggia infatti sulle solidissime basi della Carità Cristiana e della Memoria che ognuno di noi riserva pietosamente nel proprio cuore per rendere omaggio al sacrificio dei giovani combattenti costretti, da eventi decisi e mossi da altri, ad essere per forza nemici, spesso senza conoscerne le ragioni. Per questo la cerimonia svoltasi recentemente a Carzano assume  il giusto significato di un doveroso ossequio al sacrificio dei Caduti che in quel luogo persero la vita. Ciò premesso vorrei aggiungere alcune osservazioni relativamente al protocollo della manifestazione che però ho seguito soltanto attraverso la breve durata del filmato e quindi mi scuso se, non avendo seguito tutti i passaggi della cerimonia, alcune mie considerazioni potrebbero risultare superflue. La vicenda di Carzano è nota e ricalca il fatto accaduto nel 1917 di un tentativo di tradimento da parte di un ufficiale austroungarico, di nazionalità slovena, che aderiva ad una organizzazione segreta slovena, contraria al regime asburgico. Il tenente Ljudevit Pivko,questo il suo nome, fin dall'estate 1917, iniziò ad attivare una intelligenza con il nemico italiano a cui, segretamente e sistematicamente, forniva notizie riservate sulle fortificazioni austroungariche nella zona di Carzano in Valsugana. La vicenda di Carzano, senza dubbio, nasce quindi da un tradimento; un tradimento che appare ancora più grave perchè attuato da un ufficiale che, senza alcuno scrupolo di coscienza, non esitò a vendere la vita dei propri soldati. In realtà la vicenda si concluse in modo poco onorevole sia per il tenente traditore Ljudevit Pivko, sia per il contingente dei soldati italiani che, nonostante le facilitazioni messe a punto, in loro favore, dai congiurati traditori austroungarici, dovettero capitolare e fuggire in modo scomposto sotto il fuoco del nemico che, allertato da qualcuno, intervenne in modo massiccio facendo strage dei bersaglieri italiani e catturando anche molti  prigionieri. Non fu dunque una grande esibizione quella degli italiani e soprattutto dei loro ufficiali che, anche se aiutati e facilitati dalle informazioni ricevute dall'ufficiale sloveno traditore, non furono in grado di portare a compimento, nel modo sperato, l’azione da tempo pianificata che avrebbe dovuto aprire, alle truppe italiane, la strada verso Trento. Nel filmato, prima delle note del silenzio, riservato giustamente a tutti i Caduti, ho notato che è stata suonata anche la canzone del Piave nel cui testo viene riportata la frase " l'esercito marciava per raggiunger la frontiera e far contro il nemico una barriera". Ora mi viene spontaneo riflettere su chi fosse in effetti l'aggressore e chi fosse invece l'aggredito, rilevando qui una palese contraddizione dei fatti perchè gli austroungarici erano posizionati a difesa dell'accesso del nemico italiano il quale aveva pianificato, sfruttando un tradimento, l’aggressione e l'invasione di Trento. Per questo motivo riterrei che, l’aver suonato in quella occasione la musica della leggenda del Piave, abbia costituito una indubbia mancanza di riguardo che poteva essere evitata, nei confronti della realtà dei fatti e dei Caduti soprattutto da parte austroungarica.


Marcello Serra

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