Ricordare i Caduti è, in ogni caso, cosa
buona e giusta anche se il ricordo aleggia indipendentemente sui soldati caduti nel corso di combattimenti avvenuti
fra schieramenti opposti e, nel caso rappresentato, Austroungarici ed Italiani;
ciò in quanto la vera Pietà e la sincera Compassione non guardano mai al colore
della pelle, né al colore della divisa indossata. La riconciliazione degli
animi poggia infatti sulle solidissime basi della Carità Cristiana e della Memoria che
ognuno di noi riserva pietosamente nel proprio cuore per rendere omaggio al
sacrificio dei giovani combattenti costretti, da eventi decisi e mossi da
altri, ad essere per forza nemici, spesso senza conoscerne le ragioni. Per questo
la cerimonia svoltasi recentemente a Carzano assume il giusto significato di un doveroso ossequio
al sacrificio dei Caduti che in quel luogo persero la vita. Ciò premesso vorrei
aggiungere alcune osservazioni relativamente al protocollo della manifestazione
che però ho seguito soltanto attraverso la breve durata del filmato e quindi mi
scuso se, non avendo seguito tutti i passaggi della cerimonia, alcune mie
considerazioni potrebbero risultare superflue. La vicenda di Carzano è nota e
ricalca il fatto accaduto nel 1917 di un tentativo di tradimento da parte di un
ufficiale austroungarico, di nazionalità slovena, che aderiva ad una
organizzazione segreta slovena, contraria al regime asburgico. Il tenente
Ljudevit Pivko,questo il suo nome, fin dall'estate 1917, iniziò ad attivare una
intelligenza con il nemico italiano a cui, segretamente e sistematicamente,
forniva notizie riservate sulle fortificazioni austroungariche nella zona di
Carzano in Valsugana. La vicenda di Carzano, senza dubbio, nasce quindi da un
tradimento; un tradimento che appare ancora più grave perchè attuato da un
ufficiale che, senza alcuno scrupolo di coscienza, non esitò a vendere la vita
dei propri soldati. In realtà la vicenda si concluse in modo poco onorevole sia
per il tenente traditore Ljudevit Pivko, sia per il contingente dei soldati
italiani che, nonostante le facilitazioni messe a punto, in loro favore, dai congiurati
traditori austroungarici, dovettero capitolare e fuggire in modo scomposto sotto
il fuoco del nemico che, allertato da qualcuno, intervenne in modo massiccio facendo
strage dei bersaglieri italiani e catturando anche molti prigionieri. Non fu dunque una grande
esibizione quella degli italiani e soprattutto dei loro ufficiali che, anche se
aiutati e facilitati dalle informazioni ricevute dall'ufficiale sloveno
traditore, non furono in grado di portare a compimento, nel modo sperato, l’azione
da tempo pianificata che avrebbe dovuto aprire, alle truppe italiane, la strada
verso Trento. Nel filmato, prima delle note del silenzio, riservato giustamente
a tutti i Caduti, ho notato che è stata suonata anche la canzone del Piave nel
cui testo viene riportata la frase "
l'esercito marciava per raggiunger la frontiera e far contro il nemico una
barriera". Ora mi viene spontaneo riflettere su chi fosse in effetti l'aggressore
e chi fosse invece l'aggredito, rilevando qui una palese contraddizione dei
fatti perchè gli austroungarici erano posizionati a difesa dell'accesso del
nemico italiano il quale aveva pianificato, sfruttando un tradimento, l’aggressione
e l'invasione di Trento. Per questo motivo riterrei che, l’aver suonato in
quella occasione la musica della leggenda del Piave, abbia costituito una indubbia
mancanza di riguardo che poteva essere evitata, nei confronti della realtà dei
fatti e dei Caduti soprattutto da parte austroungarica.
Marcello Serra
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