martedì 20 ottobre 2015

Confronto e dialogo per una costruttiva integrazione culturale

La storia degli eventi bellici è generalmente scritta, in prima battuta, dai vincitori che si appropriano della titolarità della regìa nel racconto della vicenda narrata; questi tendono solitamente a declinare i fatti accaduti secondo un paradigma conforme al proprio punto di vista, trascurando quell’esigenza di obiettività che dovrebbe invece sempre caratterizzare ogni corretta ed autentica trattazione storica. Ciò che accade quotidianamente viene riportato, in tempo reale, dai media che, attraverso i giornalisti, provvedono a fornire l’informazione al pubblico. Quanto riportato però non sempre si rivela pienamente rispondente allo svolgimento dei fatti in quanto “raccontati” in una forma tale da fornire al lettore o al teleascoltatore una chiave di lettura più aderente alla linea di pensiero di chi li narra; è ciò che accade quando la stampa o la televisione si occupano di temi riguardanti questioni politiche importanti o trattano aspetti legati a grandi e significativi stravolgimenti sociali che, non sempre, vengono trattati in maniera obiettiva, proprio perché influenzati dalle linee di orientamento di una particolare testata giornalistica o di una certa trasmissione radio-televisiva. Le informazioni offerte al pubblico vengono diffuse in modo sempre più rapido, sacrificando a tale esigenza, i necessari approfondimenti che richiederebbero più tempo. E’ pertanto evidente come l’esposizione dei fatti di cronaca e di attualità non possano rappresentare a pieno ciò che, solo successivamente, entrerà a far parte del dominio della Storia ed è soltanto per un doveroso riguardo alla libertà di espressione che anche queste forme di discrasia interpretativa possono trovare accoglimento nell’opinione pubblica. In effetti, dopo molti decenni, quando i legami più stretti con i protagonisti della cronaca si sono affievoliti e le contrapposizioni personali sono venute meno, anche a seguito della scomparsa dei personaggi a vario titolo coinvolti, si fa strada l'esigenza di dover affrontare l'analisi fattuale degli eventi da un punto di vista più obiettivo, partendo da quella posizione di terzietà che solo gli Storici attenti riescono ad assumere. Ad esempio la vicenda della morte di Giulio Cesare, se fosse stata raccontata dai cittadini romani del tempo, sarebbe stata molto diversa da quella che avrebbe raccontato uno dei suoi assassini, Marco Giunio Bruto che, insieme ad altri cospiratori, uccise il grande generale romano il quale era invece profondamente amato dal popolo. Due visioni dei fatti, in quel medesimo tempo, diametralmente opposte perché rappresentative di interessi, sentimenti e risentimenti personali diversi e in costante conflitto fra loro: infatti Giulio Cesare, per i suoi assassini, era un pericoloso attentatore, traditore della Repubblica mentre, dal popolo romano, era considerato un grande eroe. Sappiamo come, successivamente, gli storici abbiano descritto quella vicenda, depurandola dei risentimenti personali che erano legati ai fuorvianti elementi marginali delle cronache del tempo e delle inevitabili gelosie fra diverse fazioni, concentrandosi sull’esame dei fatti reali che, in tale modo, trascorsi tanti secoli, è stato possibile studiare e valutare in modo molto più approfondito ed obiettivo al punto che l’evoluzione della Repubblica di Roma verso l’affermazione del suo Impero non è stata minimamente ostacolata dalle inutili diatribe sulla questione di Giulio Cesare ma piuttosto favorita dalla pacificazione e dall’unione delle diverse fazioni, rendendo possibile la realizzazione della grande potenza di Roma. Analogamente, potremmo svolgere le medesime considerazioni sulla vicenda di Cesare Battisti, accaduta nel secondo decennio del secolo scorso: un personaggio che, da una parte, veniva considerato eroe e dall’altra un traditore, reo di morte. Purtroppo ancora oggi si tende a voler rappresentare la Storia in modo unilaterale, mantenendo così gli steccati divisori e tralasciando di seguire lo storico insegnamento che giustamente suggerisce un atteggiamento più costruttivo, orientato all’interesse comune della salvaguardia della nostra “trentinità”. Peraltro è anche comprensibile come, nell’occasione del centenario dell’entrata in guerra dell’Italia nel primo conflitto mondiale, a fianco delle potenze dell’intesa, l’attuale Governo nazionale abbia voluto puntare a rappresentare tale evento nell’ ambito del più ampio quadro storico-risorgimentale italiano che da molti viene considerato concluso nel 1918 con l’annessione all’Italia del Trentino-Alto Adige e dei territori di Trieste, in una chiave di lettura certamente più aderente ad una visione di parte italiana; ciò non dovrebbe sorprendere più di tanto in quanto immediata conseguenza di un atteggiamento dettato da una evidente opportunità politica che, comprensibilmente, non ha mai trascurato il rilevante peso numerico della popolazione italiana rispetto a quello delle minoranze trentina ed altoatesina. In ogni caso, in questo quadro di riferimento, l’atteggiamento più opportuno da seguire, penso sia quello di procedere, attraverso l'unica risposta saggia e legittima, propria di chi intenda puntare alla costruzione dei presupposti per l’apertura ad un confronto, sincero e leale, su una questione delicata ed importante come quella trentina nell’ambito della prima guerra mondiale e delle conseguenze socio-politiche che ne sono derivate, favorendo l’avvio di un dialogo franco e costruttivo fra i cultori e i sostenitori dei diversi punti di vista. Dunque, abbandonando qualsiasi spunto polemico, suggerirei di lasciare che le manifestazioni di carattere storico e culturale possano trovare, libero spazio di espressione, anche quando l’acuirsi delle contrapposizioni e degli attriti fra le diverse convinzioni ideologiche, sembrerebbero concedere scarse possibilità di mediazione. Ma la ragionevolezza ed il coraggio impongono di non arrendersi mai, anche di fronte a delle difficoltà che possono talvolta apparire insuperabili perché lo spazio per trovare “una quadra” c’è sicuramente; basta volerlo cercare questo spazio facendo prevalere, soprattutto tra noi Trentini, gli elementi che uniscono rispetto a quelli che dividono. In questo particolare momento che vede emergere una contrapposizione, talvolta esasperata da forme di eccessivo antagonismo, vorrei ricondurre il ragionamento sul piano del più pacato confronto; un piano su cui poggia l’esigenza di ritrovare quella sensibilità in grado di guidare ognuno di noi, nessuno escluso, verso quell’ auspicata “resa dei conti”, pacifica e condivisa che, una volta inquadrati ed approfonditi i meriti e i demeriti che sappiamo comunque essere presenti in ciascuna delle parti, punti definitivamente a fare "ritorno a Casa". Mi riferisco in particolare alla nostra Casa/Patria ove conserviamo, senza distinzioni e divisioni, i Valori supremi ed intangibili che, per troppo tempo, abbiamo dimenticato di trasferire ai nostri giovani, affinchè essi possano prendere parte attiva e consapevole a questo grande processo di unificazione morale e culturale che ci differenzia, come Trentini, dalle altre comunità sociali presenti nel resto d’Italia. La nostra piccola realtà territoriale, inserita nello Stato italiano, punti unita ad esibire le proprie peculiari caratteristiche di amata Patria fondata principalmente sulla solidarietà umana, sulla convivenza civile e sul reciproco rispetto per tutti gli ideali che, per secoli, l’hanno qualificata ed onorata poiché questi sono i requisiti più nobili e significativi della nostra cultura di "gente della montagna" a cui noi ci onoriamo di appartenere e alla quale desideriamo rimanere fedeli sulle orme dei nostri padri: FEDE nella nostra plurimillenaria cristianità, AMORE per la nostra terra e profondo AFFETTO per le nostre tradizioni". Sforziamoci di cercare, anche nel terreno minato delle contrapposizioni ideologiche che inevitabilmente si incontrano lungo il tragitto irto e difficile del dialogo, ciò che ci unisce piuttosto che indugiare senza costrutto sulle questioni che invece ci dividono. Puntiamo insieme, anche compiendo un gesto di buona volontà attraverso un piccolo passo, gli uni verso gli altri, alla costruzione di una società più moderna ed efficiente, di cui tutti indistintamente abbiamo bisogno, appianando, ognuno per la propria parte, le molteplici asperità del confronto, nel pieno rispetto per lo Stato Italiano da cui ci aspettiamo la conferma della sua fiducia nella nostra Autonomia ed il sincero rispetto per la nostra atavica storia di territorio alpino posto a cerniera fra la cultura latina che ci ha generato e la cultura europea che ci ha adottato.

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