mercoledì 30 settembre 2015

L’adunata nazionale degli Alpini a Trento nel 2018

Mi sembra un discorso, quello di Franco De Battaglia, molto sereno, obiettivo e condivisibile. Per avere un quadro completo della situazione storica di un secolo fa, basterebbe risalire all’analisi delle cause che generarono il primo conflitto mondiale nel 1914 e, in proposito, suggerirei ai volenterosi interessati di andare opportunamente ad indagare sui dettagli delle considerazioni che furono poste alla base dei ragionamenti seguiti dai neoaspiranti "conquistatori italiani", meglio conosciuti, nel periodo luglio 1914 - maggio 1915, come gli appartenenti alla scuola di pensiero degli “interventisti”, i quali, forzando la mano dell’opinione pubblica, riuscirono a far digerire "ai più riottosi" (per usare le medesime parole del Dr. Pinamonti) la scelta strategica italiana della denuncia della fine della Triplice Alleanza per schierare l’esercito del Regno d’Italia a fianco degli avversari, inglesi, francesi e russi. Fu soprattutto a seguito dell'accondiscendenza, molto interessata e pelosa, della Casa Savoia, ingolosita dai vantaggi economico-territoriali promessi “dal gatto e dalla volpe” (il noto e astuto binomio anglo-francese), negli accordi di Londra che l’Italia, rinnegando l’alleanza vigente dal 1882, decise di passare dalla parte dell’Intesa (Inghilterra-Francia-Russia), assumendosi una consistente parte di responsabilità nella conseguente sconfitta degli Imperi Centrali (Austria-Ungheria e Germania) che, diversamente e con molta probabilità, attraverso una solida, proficua ed efficace collaborazione socio-economico-industriale, anche con l’Italia, avrebbero potuto anticipare di un secolo l'unità europea contrastando, fin dall’inizio del secolo XX, lo strapotere anglo-francese che, ancora oggi, vorrebbe decidere unilateralmente sui destini del nostro continente. Quella del 1918 fu, per gli imperi centrali, una sconfitta grave e sanguinosa che generò, per reazione all'ingordigia anglo-francese, la nascita del totalitarismo nazista che, insieme al regime fascista italiano, tante sciagure provocò anche al nostro Paese negli anni successivi. Dunque cosa ci sarebbe da festeggiare, proprio nel 2018, a Trento? Gli anniversari vanno celebrati nel rispetto di tutte le opinioni e quindi l’adunata degli Alpini, la grandissima Associazione Nazionale, ricca di meriti e di onore che ci inorgoglisce per le iniziative di fraterna solidarietà ed altruismo sempre puntualmente dimostrate in ogni occasione, in questo caso, data la specificità della nostra Provincia, ove i nostri Alpini sono figli e nipoti dei nostri Kaiserschützen, altrettanto meritevoli di onori e di rispetto, anziché nel 2018, data del centenario della conquista del Trentino e quindi data di una sconfitta per i Kaiserschützen Trentino-Tirolesi , poteva essere organizzata in altra data, dimostrando così un cenno di attenzione ed un messaggio di riconciliazione per questo dettaglio storico particolarmente significativo per la nostra tradizione Trentina. Suggerirei di cercare, senza perdersi in inutili diatribe, di ricondurre nell'alveo della nostra atavica tradizione Trentino-Tirolese le ragioni e quei principii che, fin dai tempi della casa regnante degli Asburgo, giustificarono la particolarità territoriale del Trentino e che, purtroppo il regime fascista italiano, fin dai primi anni venti, impose di annientare e cancellare sia nel nostro Trentino, sia in Alto Adige. La nostra Autonomia è essenzialmente e prima di tutto basata su principi morali e sul senso di appartenenza alle tradizioni secolari, profondamente legate al nostro territorio e sugli eventi storici più significativi che nei secoli ne hanno confermato la legittimità. Oggi, come un secolo fa, occorre essere vigili ed attenti, non trascurando neanche minimamente i significati delle manifestazioni che, come in questo caso (quella del raduno del 2018), al di là degli aspetti estetici che possono essere giudicati più o meno provocatori, non vanno sottovalutati perché potrebbero essere utilizzati, più come sostanza che come forma, da chi, in malafede, punta invece a minare le basi per il mantenimento dei presupposti storico-culturali della nostra Autonomia. Questa nostra Autonomia, le cui radici affondano nella nostra storia secolare, va difesa con tutte le forze dagli attacchi di chi pensa ancora di riuscire (con la forza?) a "far cambiare idea ai più riottosi" come già era accaduto, alla fine della prima guerra mondiale, ad opera del Senatore del Regno d'Italia Ettore Tolomei, uno dei più significativi esponenti del nazionalismo italiano del Novecento ed acerrimo nemico della nostra minoranza trentino-tirolese.

lunedì 28 settembre 2015

Imparare le tabelline a memoria

Chi pretende di eliminare l'obbligo di imparare a memoria le tabelline, se in buona fede, significa che ha un cervello più piccolo di quello di un colibrì; se invece è in malafede, allora significa che sta puntando al declassamento dell’essere umano per renderlo simile ad una macchina che funzioni soltanto con l’inserimento di schede precompilate (da qualcuno), più o meno come un robot che è incapace di pensare e che agisce soltanto come una macchina gestita dal computer di bordo a sua volta programmato da qualcuno. Attenzione a non sottovalutare questo gravissimo rischio che sta correndo la libertà di pensiero!

Folclore o radici culturali?

Nel quadro di riferimento economico generale che non sta affatto evolvendo in modo positivo, purtroppo affiorano segnali sempre più preoccupanti, soprattutto al livello delle scelte economiche del Governo Centrale e che, pian piano, si stanno rivelando come vere e proprie subdole azioni erosive delle basi su cui poggia il riconoscimento costituzionale della nostra preziosa Autonomia. Tali basi affondano le proprie radici nella nostra Storia: una Storia che non rappresenta un’ opinione da poter essere utilizzata a proprio piacimento da qualcuno e plasmata a seconda delle esigenze del momento. La Storia Tirolese e quindi del Trentino Tirolese non è manipolabile perché è e rimane scolpita, a chiare lettere, sulla durissima pietra della realtà dei fatti documentati che si sono svolti nel corso dei vari secoli della Storia del Tirolo. Anche le tradizioni che si sono tramandate per tanti anni, dagli anziani ai più giovani, prendono corpo e forma nell'impostazione etica e morale che tutti noi abbiamo ricevuto dai nostri antenati; un’ impostazione che ci caratterizza in modo particolare e che rappresenta un arricchimento per lo Stato il quale, proprio per questo, si è impegnato, a suo tempo, a riconoscere e sostenere la nostra realtà territoriale quale importantissima cerniera culturale fra sud e nord Europa. Diventa quindi, per tutti noi, un sacro dovere difendere con coraggio e decisione le peculiarità del nostro Territorio e della sua Gente, innanzitutto attraverso un comportamento esemplare ed irreprensibile che ponga il rispetto dell'ambiente, del territorio e la difesa della sua popolazione come primo ineludibile obiettivo, insieme alla salvaguardia della nostra identità particolare di popolo della montagna, profondamente radicato nel proprio tessuto ambientale. Per questo, ogni iniziativa che proponga, anche solo da un punto di vista estetico, l'appartenenza alle nostre ataviche tradizioni, va sempre incoraggiata e favorita. Non si tratta di folclore come l'insensibilità e la superficialità di qualche detrattore in malafede vorrebbe far credere, perché anche una rappresentazione estetica che riconduce, nella forma, alle nostre tradizioni tirolesi, assume il valore di sostanza, in quanto rappresenta l'emblema della specificità della nostra “tirolesità di lingua italiana” ; una specificità che merita tutto il rispetto per il concreto riconoscimento della nostra autonomia territoriale le cui basi sono molto più solide di una semplice spruzzata di folclore.

mercoledì 23 settembre 2015

Il carro di fieno

Il carro del fieno è uno dei simboli più rappresentativi delle tradizioni di Vermiglio. Nel periodo della fienagione di alcuni decenni or sono, da giugno a settembre, i prati del fondovalle e dei pascoli in quota brulicavano di persone impegnate nella raccolta del fieno: uomini, donne e bambini che, ciascuno per la propria parte, partecipavano a questo evento che vedeva accomunate gran parte delle famiglie di Vermiglio, dando vita ad un dinamico e pittoresco quadro agreste, arricchito dalla ridente e splendida armonia che da quelle persone promanava, con lo sfondo di un meraviglioso ambiente alpino.
Marcello Serra, con un tuffo nel passato, riporta l’orologio della vita ai tempi della sua fanciullezza e ripropone, come in un gioco per uomini e donne ritornati fanciulli, un evento pieno di ricordi e di affetti mai dimenticati.





Marcello Serra 

martedì 22 settembre 2015

La battaglia di Carzano

Ricordare i Caduti è, in ogni caso, cosa buona e giusta anche se il ricordo aleggia indipendentemente sui  soldati caduti nel corso di combattimenti avvenuti fra schieramenti opposti e, nel caso rappresentato, Austroungarici ed Italiani; ciò in quanto la vera Pietà e la sincera Compassione non guardano mai al colore della pelle, né al colore della divisa indossata. La riconciliazione degli animi poggia infatti sulle solidissime basi della Carità Cristiana e della Memoria che ognuno di noi riserva pietosamente nel proprio cuore per rendere omaggio al sacrificio dei giovani combattenti costretti, da eventi decisi e mossi da altri, ad essere per forza nemici, spesso senza conoscerne le ragioni. Per questo la cerimonia svoltasi recentemente a Carzano assume  il giusto significato di un doveroso ossequio al sacrificio dei Caduti che in quel luogo persero la vita. Ciò premesso vorrei aggiungere alcune osservazioni relativamente al protocollo della manifestazione che però ho seguito soltanto attraverso la breve durata del filmato e quindi mi scuso se, non avendo seguito tutti i passaggi della cerimonia, alcune mie considerazioni potrebbero risultare superflue. La vicenda di Carzano è nota e ricalca il fatto accaduto nel 1917 di un tentativo di tradimento da parte di un ufficiale austroungarico, di nazionalità slovena, che aderiva ad una organizzazione segreta slovena, contraria al regime asburgico. Il tenente Ljudevit Pivko,questo il suo nome, fin dall'estate 1917, iniziò ad attivare una intelligenza con il nemico italiano a cui, segretamente e sistematicamente, forniva notizie riservate sulle fortificazioni austroungariche nella zona di Carzano in Valsugana. La vicenda di Carzano, senza dubbio, nasce quindi da un tradimento; un tradimento che appare ancora più grave perchè attuato da un ufficiale che, senza alcuno scrupolo di coscienza, non esitò a vendere la vita dei propri soldati. In realtà la vicenda si concluse in modo poco onorevole sia per il tenente traditore Ljudevit Pivko, sia per il contingente dei soldati italiani che, nonostante le facilitazioni messe a punto, in loro favore, dai congiurati traditori austroungarici, dovettero capitolare e fuggire in modo scomposto sotto il fuoco del nemico che, allertato da qualcuno, intervenne in modo massiccio facendo strage dei bersaglieri italiani e catturando anche molti  prigionieri. Non fu dunque una grande esibizione quella degli italiani e soprattutto dei loro ufficiali che, anche se aiutati e facilitati dalle informazioni ricevute dall'ufficiale sloveno traditore, non furono in grado di portare a compimento, nel modo sperato, l’azione da tempo pianificata che avrebbe dovuto aprire, alle truppe italiane, la strada verso Trento. Nel filmato, prima delle note del silenzio, riservato giustamente a tutti i Caduti, ho notato che è stata suonata anche la canzone del Piave nel cui testo viene riportata la frase " l'esercito marciava per raggiunger la frontiera e far contro il nemico una barriera". Ora mi viene spontaneo riflettere su chi fosse in effetti l'aggressore e chi fosse invece l'aggredito, rilevando qui una palese contraddizione dei fatti perchè gli austroungarici erano posizionati a difesa dell'accesso del nemico italiano il quale aveva pianificato, sfruttando un tradimento, l’aggressione e l'invasione di Trento. Per questo motivo riterrei che, l’aver suonato in quella occasione la musica della leggenda del Piave, abbia costituito una indubbia mancanza di riguardo che poteva essere evitata, nei confronti della realtà dei fatti e dei Caduti soprattutto da parte austroungarica.


Marcello Serra

sabato 19 settembre 2015

La dinastia degli Asburgo

Per oltre 400 anni la Casa d'Austria ovvero la dinastia degli Asburgo ( o Absburgo) ha governato l'Austria ed i suoi vasti possedimenti che erano diffusi in gran parte dell'Europa, ricoprendo fino al 1804, con i propri discendenti, anche il ruolo di Imperatore del Sacro Romano Impero a cui era associato il titolo di Re dei Romani. Tale ruolo è sempre stato esercitato dagli  Asburgo con un atteggiamento di profondo rispetto delle regole, dando prova di grande impegno per l'interesse comune con l’introduzione di importanti riforme tese a migliorare il funzionamento dell’amministrazione statale. Per gli aspetti relativi alle più significative riforme introdotte, un particolare cenno va fatto alla splendida figura dell' Imperatrice Maria Teresa e alle fondamentali riforme da lei introdotte durante il suo regno, dal 1740 al 1780 come, ad esempio, la legge sulla scuola obbligatoria per tutti fino all'età di 14 anni, a cura e spese dello Stato, l'impostazione del nuovo catasto degli immobili per obbligare ogni suddito, senza eccezioni, nobiltà ed alto clero compresi, al pagamento delle tasse, l’istituzione dell'Accademia Militare per la formazione degli ufficiali dell'esercito, ruolo che prima veniva assunto  dalla nobiltà per diritto acquisito, anche da elementi estremamente impreparati ed incapaci. Nel 1736, Maria Teresa d'Austria sposò Francesco III Stefano, duca di Lorena  dal quale,  nel corso di un matrimonio felice, ebbe 16 figli, di cui solo 10 raggiunsero l’età adulta. E’ da quel momento che la dinastia degli Asburgo iniziò a chiamarsi dinastia Asburgo-Lorena. Un altro grande Imperatore d'Austria è stato Francesco Giuseppe che, salito al trono nel 1848 a soli 18 anni, regnò fino alla sua morte, avvenuta nel novembre del 1916. Egli governò dimostrando grande senso del dovere e grande spirito di sacrificio, dando sempre prova di una grande fedeltà sia nei confronti del ruolo ricoperto, sia nell'impegno rivolto alla salvaguardia degli interessi dei suoi Popoli e dell'Impero che era costituito da ben 11 nazionalità!. L'ultimo Imperatore fu il pronipote di Francesco Giuseppe, Carlo I d' Asburgo-Lorena che, alla fine della 1^ Guerra mondiale, a seguito della sconfitta subita dagli Imperi Centrali, dovette rinunciare al trono e costretto all’esilio nell'isola di Madera, in Portogallo, ove si stabilì con la sua famiglia, affrontando una situazione ai limiti di una modesta sopravvivenza. Il suo comportamento eroico, dal punto di vista morale, lo indusse a rinunciare a qualsiasi rivendicazione di ruolo regale e, nonostante le innumerevoli sollecitazioni e l’appoggio di molti suoi sostenitori, preferì soprassedere a far valere la legittima rivendicazione, del titolo di Re Apostolico di Ungheria, proprio per evitare il rischio di una guerra civile, preferendo chiudere la sua carriera lontano dal suo Impero ormai dissolto, a Fuchal, ove morì di polmonite nel 1922 a soli 34 anni, assistito dall'affetto della sua cara sposa, l'Imperatrice Zita e dai suoi giovanissimi figli, con il conforto della fede che sempre lo accompagnò nella sua intensa ma breve esistenza. Il 3 ottobre 2004, questo giovane Imperatore venne proclamato Beato da Giovanni Paolo II, per l'eroica azione morale dimostrata soprattutto nel periodo della guerra, durante la quale si adoperò in modo continuo ed instancabile per cercare soluzioni diplomatiche atte a fermare l'inutile strage della guerra che così veniva ripetutamente  chiamata dal Papa Benedetto XV. Mio padre, nato nel 1911, è stato suddito, fino al 1918, dei due ultimi Imperatori come lo furono i miei antenati trentini da cui ho ereditato lo spirito di ammirazione per questa nobile e fedele dinastia sulla quale ho svolto e svolgo continui  approfondimenti storici dai quali  è emersa chiaramente l’importanza del ruolo avuto dalla Casa d'Austria nella crescita e nello sviluppo sociale del nostro Trentino Tirolese. Giova ricordare al riguardo che, fin dal XIV secolo la contea del Tirolo, a cui apparteneva anche il Trentino attuale, era uno dei più importanti possedimenti degli Asburgo che lo governavano assumendo il titolo  di Conti del Tirolo. A questa regione gli Imperatori della Casa d'Asburgo erano sempre molto affezionati. Basti citare ad esempio il grande Imperatore Massimiliano I che, per l’attaccamento al “suo amato” Tirolo fissò per molto tempo la sua residenza imperiale ad Innsbruck, facendosi incoronare Imperatore del Sacro Romano Impero a Trento nel 1508. Per questo, quale discendente da famiglia trentina-tirolese di lingua italiana, esprimo tutta la mia ammirazione per la Casa d'Asburgo e per la sua storia.


Marcello Serra

lunedì 14 settembre 2015

Il doloroso addio

Addio care montagne
dalle verdi foreste e dall’acque chiare e spumeggianti .
Addio dolci ricordi racchiusi nelle calde dimore
della nostra terra.
Addio carissima valle, bella e rigogliosa
che in questo giorno triste e doloroso
lentamente t’allontani.
Per sempre, amata terra,resterai nel nostro cuore
con la speranza ardente e viva
di far ritorno al caro suolo
                                                                              

Marcello Serra



 Con questi semplici versi,  Marcello Serra, immaginando  i sentimenti di tristezza e di passione che possono essersi  addensati nel cuore di ognuno, prova a dare voce all’accorato addio alla propria terra da parte della  popolazione di Vermiglio, costretta ad abbandonare le proprie case, nell’agosto 1915, sotto la minaccia delle granate italiane a seguito della dichiarazione di guerra  all’Austria-Ungheria, il 23 maggio 1915, da parte  del  Regno d’Italia.
Le parole della poesia vengono riportate in didascalia nelle immagini del DVD  dal titolo :

 “ LE TRADIZIONI E LA STORIA DI VERMIGLIO ” realizzato da Marcello Serra nel 2014.

domenica 13 settembre 2015

Tre giorni di traversata a quota 3000

Questo filmato riproduce un fatto accaduto, nell’agosto  1990, ad un gruppo di amici durante   una spedizione sulle montagne del gruppo Adamello-Presanella,  sui  leggendari luoghi ove, nel corso del primo conflitto mondiale, si opponevano gli eserciti italiano ed austroungarico alle quote impossibili dei ghiacciai. Per lasciare una traccia di questa indimenticabile avventura, ho scritto un  libro dal titolo “Tre giorni di traversata a quota tremila” che è disponibile presso la Biblioteca comunale di Vermiglio. Questa esperienza ha lasciato un segno indelebile in tutti noi, protagonisti di un evento che si inserisce nel contesto storico più ampio, collegato agli eventi occorsi su queste montagne nel corso della prima guerra mondiale, in un particolare quadro di riferimento meglio conosciuto con il termine di “Guerra Bianca”. Dall’avventura  che è stata ricostruita nel filmato con i protagonisti nella veste di attori, ho preso lo spunto, insieme agli altri amici, per fondare il GEAV, Gruppo Escursionisti Alpini di Vermiglio di cui sono Presidente. Quest’anno il Gruppo compie 25 anni di vita. Al Passo Maroccaro, a quota 3000 mt , sulla cornice della Conca Presena, nel 1991 è stata posta dal GEAV una targa commemorativa  che ogni anno visitiamo insieme ai Soci e ai numerosi simpatizzanti . Il Gruppo ha svolto da allora tante escursioni alla ricerca reperti e di immagini lungo i luoghi storici della Guerra Bianca, sviluppando anche approfondimenti nel campo dello studio e della  ricerca sugli aspetti più significativi della prima guerra mondiale che ha così profondamente segnato i luoghi e la popolazione di Vermiglio in quel tragico periodo. Con l’occasione desidero qui  ricordare, con il caloroso affetto di tutti noi, tre amici protagonisti dell’avventura del 1990, Carlo Ferrari, Gianni Dameno e Giuseppe Stefanolli  che “sono andati avanti” e che, per circa un quarto di secolo, hanno condiviso  in allegria con noi tante belle avventure su queste montagne.

Marcello Serra

L’ISIS e la distruzione dei simboli

Distruggere i simboli di una tradizione, di una religione,di una civiltà è come volere eliminare le idee che vivono nel pensiero: è impossibile fermarle come è impossibile fermare il vento con le mani. Chi distrugge un simbolo di civiltà è un essere sottosviluppato che odia tutto ciò che non riesce a comprendere e che, a causa del proprio sclerotico sottosviluppo mentale, non percepisce nemmeno l'esigenza di sforzarsi a capire il significato dei simboli che egli disprezza. Le azioni di selvaggia crudeltà con le quali questi esseri stanno caratterizzando il proprio comportamento, esibendone anche uno spudorato autocompiacimento, non ci devono assolutamente fare deviare dai principi sui quali abbiamo fatto grande la nostra plurimillenaria civiltà che saprà reagire in modo adeguato, indipendentemente dalle pelose idee buoniste, debordanti della più menzognera demagogia che gli inconcludenti quanto arrendevoli governanti nazionali ed europei tentano di somministrare ai nostri concittadini che, molto più saggiamente di loro, stanno dimostrando di possedere l'orgoglio di chi sa rivendicare con convinzione e coraggio l'appartenenza ad una civiltà come quella giudaico-cristiana che ha fatto da maestra al mondo.

Marcello Serra

Le tradizioni e la storia di Vermiglio



Ad un secolo circa dagli eventi che hanno profondamente sconvolto la vita della popolazione di Vermiglio nel corso della Prima Guerra Mondiale, questo filmato vuole essere un omaggio al paese di Vermiglio e alla sua popolazione per  i lutti, le sofferenze e le privazioni subite.
Il filmato illustra alcuni degli aspetti più significativi di questo meraviglioso territorio e della sua gente, descrivendone gli usi e le più note tradizioni, dedicando un doveroso richiamo agli storici eventi che hanno interessato Vermiglio e la sua Valle nel corso del primo conflitto mondiale, sul fronte di combattimento che si sviluppava in corrispondenza della zona del Tonale.

Marcello Serra