martedì 25 aprile 2017

IL RILANCIO DELLA MOBILITA’ DI TRASPORTO ALPINA SU FERRO Marcello Serra 25/04/2017 Con la relazione presentata al Convegno sulle ferrovie alpine, svoltosi a Trento il 20 aprile scorso, ho inteso confermare la mia volontà di collaborare ad ogni iniziativa orientata alla diffusione e al rilancio di una cultura innovativa tesa alla valorizzazione, al potenziamento e al rilancio del sistema di trasporto ferroviario nei territori alpini e quindi anche e soprattutto in quello del nostro Trentino. Mi riferisco ad una cultura che dovrebbe contemplare anche lo sforzo teso a convincere i responsabili delle Istituzioni sull’efficacia delle opzioni tese alla valorizzazione delle ferrovie, sia di quelle esistenti da potenziare, sia di quelle di nuova realizzazione, per conseguire un efficace miglioramento del servizio della mobilità alpina. Esempi in tale senso ve ne sono moltissimi da provare, soprattutto nella vicina Svizzera. Per questo occorre insistere sulla necessità di persuadere, verso tale scelta, la nostra classe politica che, a tutt’oggi però, non sembra abbia ancora dato prova di una convinta volontà di dare corso a quelle radicali scelte politiche che, secondo il mio punto di vista professionale, dovrebbero essere preordinate ad un effettivo rilancio del sistema di trasporto su ferro. Infatti, a parte alcuni generici eventi di facciata, non mi sembra si siano verificati, in tale ambito, atti concreti e particolarmente significativi. A mio parere occorrerebbe incidere in modo profondo nei confronti della classe politica per tentare di orientarne, nel modo più proficuo, le scelte operative per il perseguimento di quegli obiettivi puntati a richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sul tema in questione. A parte l’enunciazione di formule apprezzabili quanto generiche, occorre essere in grado di argomentare e formalizzare tesi precise, esponendole in modo chiaro ma soprattutto sostenendole con puntuali proposte operative, supportate da elementi tecnico-economici e di politica dei trasporti oggettivamente inconfutabili. Solo attraverso il contributo di persone dotate della necessaria professionalità, capacità tecnica ed esperienza sarà possibile tentare di condizionare in modo efficace le scelte delle Autorità competenti, mettendole nella condizione di essere “costrette” a rispondere alla domanda(esigenza) di mobilità della popolazione, in modo esplicito e chiaro, onde non lasciarsi fagocitare dai soliti vagheggianti modi, riconducibili al banale linguaggio del gergo “politichese”, inutile ed inconcludente, i cui risultati, specialmente sulla questione ferroviaria, sono sotto gli occhi di tutti. Questa difficile strada dovrebbe essere percorsa con la sana pazienza di chi veramente si sentisse appassionato e convinto sostenitore del trasporto alpino su rotaia, attraverso il supporto, puntuale di chi, credendo fermamente in questi obiettivi, volesse impegnarsi, non soltanto come professionista competente ma anche come semplice cittadino, utilissimo portatore delle varie opinioni diffuse fra la gente su tale argomento, al fine di tentare di favorire al meglio l’affermazione di un sistema di trasporto come quello ferroviario, anche in realtà territoriali complesse come quelle alpine ed in particolare come quelle della nostra amata terra trentina. Marcello Serra

giovedì 21 luglio 2016

CARLO I D’ASBURGO, UN ESEMPIO PER I NOSTRI GOVERNANTI Marcello Serra 19/07/2016 E’ con assoluta certezza e convinzione che ritengo si possa affermare, come la figura del Beato Carlo, ultimo sovrano dell’impero austroungarico e del Trentino tirolese, l’amata terra dei nostri padri, sintetizzi, attraverso l’esemplare comportamento dimostrato nel suo breve ma intenso impegno al vertice della duplice monarchia, quel principio fondamentale che dovrebbe orientare ogni guida istituzionale, innanzitutto al sacrificio delle proprie esigenze personali in favore del principale dovere di servizio verso il Popolo. E’ in questo senso che Carlo I cercò in ogni modo, anche a fronte dei contrastanti interessi generali che pervicacemente venivano anteposti, dagli altri governi belligeranti, rispetto ai suoi benevoli orientamenti, di giungere all’agognata pace per porre fine a quella che fu definita un’ inutile strage per l’umanità. Anche ai nostri giorni, attraverso la conoscenza della figura di Carlo I, è facile avere conferma di quanto possa essere efficace, per la crescita e per il pacifico sviluppo, sia morale, sia materiale, di una società civile, l'esempio comportamentale offerto da una guida istituzionale giusta e illuminata, pienamente aderente allo spirito cristiano che caratterizza le origini della nostra millenaria cultura. Fin dalla sua giovane età, Carlo I d'Asburgo ha rivelato la sua umanità generosa e docile nell’espletamento della sua impegnativa missione, sempre tesa a comprendere e ad andare incontro, per quanto possibile, alle esigenze dei ceti più deboli, variamente distribuiti fra i numerosi Popoli del suo vasto Impero. Spero vivamente che quanti non abbiano ancora avuto modo di conoscere la vita di Carlo I, possano presto, come è accaduto anche a me, rendersi conto della notevole statura morale di questo grande Imperatore; una statura di grande prestigio etico, laico e religioso che emerge in modo evidente attraverso un’attenta ed approfondita lettura della Storia in cui egli si è trovato immerso, nel secondo decennio del secolo scorso, da involontario protagonista, nel corso della disastrosa scena della prima guerra mondiale. Studiando con profondo interesse e passione gli eventi storici di quel tragico periodo, ho imparato a valutare ed apprezzare la figura di Carlo I, comprendendo chiaramente anche le ragioni che indussero l’indimenticato Papa, San Giovanni Paolo II, ad elevarlo agli onori degli altari con la sua beatificazione, avvenuta nel 2004. Spero vivamente che l’esempio di Carlo I possa essere preso nella più ampia considerazione dai governanti di oggi perché, anche attraverso la sua ispirazione, in un momento così critico per le vicende mondiali, come quello attuale, possano costoro sentirsi indotti ad assumere un comportamento da veri servitori del Popolo e non da insensibili utilizzatori di privilegi a spese dei sacrifici delle persone più povere e bisognose di aiuto. Spero vivamente e per questo prego il Signore Dio Padre Onnipotente affinchè voglia compiere il prodigioso miracolo di convertire al sacrificio personale gli attuali governanti delle nazioni perché vogliano sempre porre, al primo posto della loro azione istituzionale, l’interesse ed il soddisfacimento dei bisogni primari di quanti sono sottoposti alla loro guida di governo. Spero che, attraverso l'intercessione del Beato Carlo I, possa presto realizzarsi un tale formidabile miracolo, anche nell’ottica che ciò possa costituire un concreto e valido elemento di valutazione nel processo canonico in corso per elevarlo, quanto prima, alla definitiva santificazione.

venerdì 24 giugno 2016

L’INTERPRETAZIONE DELLA LEGGE E LA FAMIGLIA NATURALE Marcello Serra 24/06/2016. Colgo l’occasione per esporre alcune considerazioni in relazione alla recente sentenza con la quale il Tribunale per i minorenni di Roma ha autorizzato, nell’ambito di una coppia omosessuale, la “stepchild adoption”, e cioè il riconoscimento ad un uomo del diritto di poter adottare il figlio del compagno, concepito all'estero grazie alla “maternita' surrogata”, meglio conosciuta con il termine di "utero in affitto". Siamo di fronte all’ennesimo caso in cui la legge italiana si lascia piegare alla volontà di un funzionario pubblico qual è un magistrato a cui è stata concessa anche la facoltà di interpretare soggettivamente la legge stessa che invece dovrebbe essere applicata in modo imparziale ed oggettivo. Per questo, fatte salve alcune particolari situazioni, penso che l'unica riforma seria, su cui sia opportuno richiamare l’attenzione e l’impegno di tutti, sia soltanto quella orientata al ripristino dello smarrito buon senso civico che, in una società civile normale, dovrebbe essere posto a baluardo e guida della democrazia e cioè dell'unica forma di governo valida e legittimamente corretta in quanto basata sulla effettiva partecipazione dei cittadini, considerati uguali di fronte ad essa e nella quale il potere viene esercitato dal Popolo attraverso i propri Rappresentanti che liberamente elegge. Purtroppo, da qualche tempo, la nostra democrazia sta evidenziando alcune preoccupanti anomalie di funzionamento che, se non opportunamente corrette, rischiano di stravolgerne i principi fondamentali da cui essa trae tutta la propria ragione istituzionale. In particolare nel corso degli ultimi decenni, il modello di democrazia a cui ogni cittadino era stato educato dai Padri fondatori della nostra Costituzione, sembra aver subito un ingiustificato stravolgimento, almeno per alcuni dei principali aspetti che ne caratterizzano l’impostazione originale. Con ogni probabilità ciò può derivare dagli effetti provocati dall’indifferenza dimostrata, in varie occasioni, da buona parte dei rappresentanti parlamentari i quali, guidati evidentemente anche da valutazioni di calcolo personale dettate principalmente dalle proprie convenienze di posizione, hanno abdicato al proprio compito istituzionale che deve essere costantemente orientato al presidio e alla difesa dei valori della democrazia. Tale atteggiamento ha infatti favorito, in modo surrettizio, il trasferimento di parte del potere reale che era stato loro delegato dal Popolo, ad una classe oligarchica, formata da una certa minoranza di magistrati e da alcune lobbies di supporto che, senza aver ricevuto alcun mandato dal Popolo, si è trovata nella possibilità di poter gestire, anche se in forma indiretta, il potere che il Popolo stesso ormai non sembra più in grado di poter esercitare a pieno. La nostra Costituzione è molto chiara su chi debba essere il titolare del potere che spetta inequivocabilmente al Popolo sovrano; tale chiarezza emerge nel dettato della Carta Costituzionale anche dove la Magistratura viene qualificata quale “Ordine autonomo e indipendente” e non come “Potere autonomo e indipendente” che invece è esclusivamente riservato al Popolo. E’ il Popolo che esercita il potere (legislativo ed esecutivo) attraverso i propri rappresentanti che da questo vengono eletti direttamente. I magistrati che accedono alla carriera giudiziaria attraverso un concorso pubblico bandito dallo Stato, non posseggono il titolo della rappresentatività della volontà popolare proprio perchè non sono stati sottoposti ad alcuna legittimazione da parte del Popolo se non a quella che gli impone il dovere istituzionale di applicare le leggi volute e scritte dal Popolo stesso. Come appare evidente anche nel caso particolare della “stepchild adoption” e cioè dell'adozione del figlio del convivente nelle coppie omosessuali, la decisione ultima e definitiva su questo fondamentale principio di giustizia etica e sociale che spetterebbe al Parlamento, contravvenendo fra l’altro al noto principio “delegatus non potest delegare” è stata delegata, dai nostri rappresentanti, ai giudici che, anche se privi di mandato del Popolo, hanno assunto la facoltà di esercitare unilateralmente la più ampia e personale autonoma scelta in vece del Popolo Italiano, facendo precipitare nel caos più disordinato la nostra cultura e la nostra ultramillenaria tradizione. Una tradizione culturale di altissimo livello che caratterizza la nostra illuminata civiltà, sviluppata ed accresciuta in modo inequivocabile grazie anche alla fondamentale istituzione, nella propria struttura sociale, della Famiglia naturale che ora invece viene offesa, trascurata e...addirittura derisa quasi fosse un esempio superato e retrogrado di cui vergognarsi e addirittura da abiurare! Sono certo che la nostra Società civile non potrà, senza l’urgentissimo apporto di sostanziali ristrutturazioni etiche e morali, aspirare ad un futuro proficuo per lo sviluppo delle prossime generazioni.

lunedì 16 maggio 2016

IL MATRIMONIO ARTIFICIALE E LA FAMIGLIA UMILIATA Marcello Serra 12/05/2016 Qualche tempo fa ho appreso una notizia che riportava la presunta affermazione di un presidente di regione, il quale avrebbe dichiarato che la Madonna, era una ragazza madre. Non ho elementi per verificare se quel presidente abbia effettivamente pronunciato quella frase offensiva nei confronti della Madre di Dio, della Chiesa e dei cristiani ma, al di là della veridicità o meno di tale affermazione, si può oggettivamente rilevare come, da tempo, in vari ambienti della nostra società, stiano emergendo, con sospetta insistenza e frequenza, considerazioni e prese di posizione sempre e inequivocabilmente orientate alla demolizione di quei princìpi cardine su cui è fondata la nostra plurimillenaria cultura. Traendo spunto dalla frase citata con la quale l’immagine della Madre di Dio sarebbe stata ridotta ad una “semplice” ragazza madre, è facile rendersi conto come una tale squallida idea possa apparire utile soltanto a chi, in perfetta malafede, abbia avuto interesse a dimostrare come un nuovo e più moderno modello di famiglia sia in grado di funzionare anche al di là delle regole stabilite dalla natura. Infatti è proprio attraverso il subdolo richiamo ad una delle Figure più care del Vangelo, come la Madonna che, in effetti, gli astuti detrattori della Fede e anche della Verità, ben distribuiti nei vari strati della società civile, vorrebbero lasciare intendere come anche la Famiglia di Nazareth non fosse poi stata così normale come si vorrebbe far credere in quanto anche il matrimonio tra gli Sposi delle Scritture, sempre secondo il deviato ragionamento dei sedicenti moderni sapienti, sarebbe stato soltanto un matrimonio di opportunità. Ciò in totale spregio sia della Verità laica naturale, sia di quella, tramandata, di generazione in generazione, che costituisce l’essenza della dottrina cristiana. Il fazioso ragionamento appena richiamato viene utilizzato come rozzo strumento di sostegno alla stravagante teoria che punterebbe a far considerare come “normale” qualsiasi configurazione di famiglia, svincolata da quella naturale, al fine di aprire un facile varco alla legittimazione di nuove teorie e regolamentazioni sulla famiglia stessa, come purtroppo si è già verificato recentemente nel Parlamento italiano a conclusione dell’iter legislativo che ha formalizzato la legittimazione del “matrimonio artificiale” e cioè il riconoscimento legale dell’unione fra individui dello stesso sesso. La costante insistenza con cui proliferano le più disparate motivazioni, di carattere propagandistico, accuratamente sostenute da vari giornalisti e da noti comunicatori dell’informazione telediffusa, prontamente inclini all’osservanza lineare dell’intransigente impostazione progressista alla moda, lascia emergere una certa volontà di “educare” all’osservanza di un presunto neomodernismo culturale la maggior parte dell’opinione pubblica, “spiegando” a quest’ultima come l’istituto della famiglia, nella sua accezione naturale del termine, sia da ritenere un retaggio superato e quindi da respingere, in quanto adatto soltanto ad una società antiquata e tradizionale, reazionaria e per niente moderna. Ogni persona di buon senso, anche se non credente, è perfettamente in grado di valutare la diversità naturale che intercorre tra una coppia eterosessuale ed una coppia omosessuale; una diversità che, almeno dal punto di vista della potenzialità riproduttiva, può essere dimostrata dall’incontestabile enunciato biologico che assegna soltanto alla coppia formata da maschio e femmina, in condizioni fisiche normali, la possibilità di generare figli e quindi di assicurare all’umanità il processo di riproduzione della specie. Ciò premesso, nel caso di coppie omosessuali, mi sembra giusto non frapporre ostacoli alle proposte di modifica delle leggi che regolino e garantiscano i rispettivi diritti degli individui che le formano, a condizione però che le integrazioni di legge in tale senso siano effettivamente limitate alla tutela dei diritti personali, escludendo con chiarezza ogni possibilità di trasferire, anche surrettiziamente, in capo alla coppia omosessuale, i medesimi diritti/doveri che la Costituzione riserva soltanto alla coppia naturale; ciò in quanto, in caso diverso, costituirebbe un’evidente legittimazione forzata dell’equivalenza del termine “matrimonio” con quello riferibile invece ad una “unione di coppia omosessuale”. In realtà, per il cristiano, l’unica vera famiglia non può che essere quella modellata direttamente dalle mani del Creatore, sulla quale Egli ha lasciato impressa la propria impronta (il Suo “copyright”) fin dall’inizio dei tempi e cioè fin dal momento della creazione universale quando, al generarsi delle condizioni ideali, Egli stesso alitò sull’uomo e sulla sua compagna che era una donna, la potenza del Suo soffio vitale. L’esclusività e l’unicità di questo modello perfetto è stata ulteriormente sottolineata e ribadita anche attraverso l’esempio evangelico della Sacra Famiglia di Nazareth, formata da un Padre maschio, da una Madre femmina e da un Figlio. Non risultano in natura altri schemi al di fuori di quello originale perché l’autenticità dell’opera Divina o, per chi non crede in Dio, della Natura, si riconosce dalla perfezione dei suoi modelli che restano e resteranno per l’eternità unici ed inimitabili, anche se alcuni si ostinano a volerne costruire diversi alternativi. Secondo gli interessati detrattori di questa inconfutabile Verità di principio, la famiglia non dovrebbe più essere considerata, nella sua forma, come un’immagine esemplare e immodificabile ma piuttosto come una configurazione concettuale dinamica tale da poter adattare e scegliere di volta in volta a seconda dei gusti; insomma una famiglia dotata innanzitutto del principale requisito funzionale alla possibilità di evolvere liberamente anche nelle forme più varie come, ad esempio, in quella costituita da due o più individui del medesimo sesso. Per garantire tutto il proprio sostegno a questa tesi, i soliti sedicenti moderni teorici, ben sostenuti dalle facoltose lobbies mondiali dei sabotatori della suprema Verità morale, hanno alimentato una così intensa campagna mediatica da essere riusciti, anche con il sostegno di una classe politica compiacente, sempre interessata al facile consenso, a far percepire all’opinione pubblica l’epilogo legislativo dell’11 maggio, come una grande conquista sociale ed una vittoria su quanti si erano schierati in difesa della famiglia e della sua configurazione naturale la quale si rispecchia anche nel modello configurato dall’articolo 29 della nostra Costituzione che lo indica quale società naturale (unione di un uomo e di una donna) fondata sul matrimonio. Purtroppo l’unica barriera che la Costituzione era in grado di opporre al prorompente assalto delle schiere mobilitate per il cambiamento è ormai caduta ed ora, superato quell’ultimo argine costituzionale, è lecito soltanto chiedersi quanto tempo ancora si dovrà attendere per vedere compiersi il passo successivo verso la totale disgregazione della nostra società civile quando, annientata ogni residua resistenza dei difensori della morale e del buon senso, si arriverà a proporre di considerare come famiglia anche qualsiasi altra entità costituita da due o più soggetti, non escludendo ad esempio il cane, purchè regolarmente adottato! La Chiesa, consapevole dei pericoli derivanti da questa nuova legge sulle unioni civili, ha sempre cercato di richiamare i propri fedeli al doveroso rispetto degli insegnamenti che Dio fa loro pervenire, per il suo tramite. E’ evidente che noi credenti non abbiamo fatto tutto ciò che sarebbe stato necessario fare, svolgendo cioè un’azione di testimonianza vera e convinta, del tipo “senza se e senza ma”. Infatti l’esito dell’iter legislativo che ha portato a questo risultato è stato poco contrastato da chi avrebbe dovuto e potuto farlo, mentre è stato molto favorito e sostenuto dall’atteggiamento degli schieramenti opposti attraverso la diffusione dell’idea di una presunta esigenza di cambiamento, necessaria a liberare la gente dalle ingombranti pastoie morali che, a loro dire, ne frenerebbero le aspirazioni più moderne ed evolute. Con l’approvazione della legge sulle unioni civili, avvenuta anche con il ricorso all’astuto e ricattatorio artifizio della “fiducia al governo”, i suoi baldanzosi sostenitori hanno sottolineato che l’11 maggio dovrebbe essere considerato un giorno di festa per tutti, anche per chi, come me, non è d’accordo con questa legge che ha umiliato profondamente la Famiglia naturale e che ha dimostrato il più totale disinteresse, da parte di alcuni settori della politica, per le questioni e la difesa dei principi morali, tranquillamente sacrificati sull’altare di un più facile consenso e potere personale. Non sono in grado di prevedere quanto tempo trascorrerà ora dal compimento del successivo e disastroso passaggio che, ahimè, inevitabilmente condurrà alla legalizzazione dell’adozione di bambini da parte di coppie omosessuali. Per questo si rende necessario e doveroso assumere un più efficace responsabile atteggiamento in difesa dei principi fondamentali che, se per i credenti, sono alla base della Fede, per gli altri ed in generale per tutti, rappresentano pur sempre delle irrinunciabili basi per progredire in un sano e corretto sviluppo della nostra società civile. Intanto si assiste alla passerella trionfante e vanitosa dei politici, fra cui purtroppo anche alcuni di quelli che hanno sempre manifestato, a parole, specialmente sotto elezioni, uno spiccato attaccamento ai valori della morale cristiana i quali, prigionieri del proprio egoismo, collegato alla più conveniente rendita di posizione da “seggio sicuro”, stanno tentando ora di spacciare la legge da loro approvata sulle unioni civili come una straordinaria e ineluttabile evoluzione etica della nostra società, richiamando ciò che, già da tempo, è stato fatto al riguardo in alcuni stati europei, considerati anche per questo più moderni ed illuminati. La realtà è che il rapido decadimento dei princìpi morali, come un virus inarrestabile, sta distruggendo tutto ciò che di buono è stato realizzato in tanti secoli di storia trascorsa nel solco fondamentale della nostra cultura e della nostra tradizione cristiana che ora purtroppo sta rischiando di soccombere sotto gli assalti dei suoi nemici, sia interni, sia esterni.

sabato 2 aprile 2016

L’AUTONOMIA TRENTINA FRA ALPINI E SCHÜTZEN

Ognuno è libero di coltivare le proprie convinzioni come meglio crede; nel momento in cui si ritenesse opportuno coinvolgere gli altri sulle proprie idee, a mio parere, occorre sempre farlo sulle basi paritetiche del reciproco rispetto e dell’adeguata conoscenza dei fatti storici. Attraverso il mutuo rispetto e l'educazione è possibile dimostrare tutta la dovuta attenzione agli argomenti che vengono prospettati da chi non la pensa come noi mentre, con l'umiltà nell’ascolto delle ragioni dell’altro e con l'impegno ad approfondire i fatti storici reali, è possibile talvolta giungere anche all’obiettiva revisione di alcuni dei propri convincimenti. Non vedo infatti alcuna ragione di contrapposizione fra Alpini e Shützen in quanto personalmente, di ambedue le organizzazioni, ho sempre cercato di cogliere gli aspetti positivi che, in ogni tempo e in ogni luogo, ne hanno fatto e ne confermano l'onore. La contrapposizione esasperata fra le due fazioni nasce invece quando una vuole prevalere a tutti i costi sull'altra che, a sua volta, sentendosi attaccata, si incatena ancor di più ai propri convincimenti, provocando, nel confronto fra i due contendenti, la rinuncia, da ambo le parti, alla proficua ricerca delle cose che uniscono piuttosto che all’esaltazione di quelle che dividono. In definitiva, la realtà storica del Trentino è quella che è, non è un' opinione ma un’affermazione della Storia: un millennio durante il quale il nostro territorio ha svolto un importantissimo ruolo di cerniera fra due culture, a nord e a sud delle Alpi, fra quella sassone e quella latina. La Storia ci insegna che, fin dalla fondazione del Principato Vescovile, per tanti secoli, la nostra Terra e la sua popolazione hanno potuto godere di una forma di governo autonoma e di valide garanzie sulla protezione civile e militare; ciò proprio in virtù della sua appartenenza statutaria, al Sacro Romano Impero Germanico, decaduto solo nel 1804 per volere del tiranno francese Napoleone I. Anch'io ho prestato il servizio militare di leva come Ufficiale di complemento dell' Esercito italiano e ne vado fiero avendo dato 15 mesi della mia vita allo Stato Italiano, dove sono nato e cresciuto, come era giusto che fosse anche se, posso analogamente affermare che avrei tenuto il medesimo orgoglioso atteggiamento di onesto cittadino nel caso in cui avessi dovuto prestare il servizio militare nell'esercito austroungarico nell’eventualità di un diverso esito della 1^ guerra mondiale. Mio padre ad esempio, nato austriaco nel 1911, fra servizio militare di leva, guerra e richiami vari, ha dato, come Sottufficiale dell’esercito, ben 11 anni della sua vita alla “naja” italiana di cui, quasi tre, come prigioniero in Germania, mentre suo padre e suo fratello, nel 1° conflitto mondiale, militarono nell’esercito austroungarico al servizio degli Imperatori Francesco Giuseppe e Carlo I, per difendere la loro Patria, sia contro l'Italia, sia contro gli stati dell’Intesa. Tutto questo è Storia e non la si può ignorare; bisogna avere la volontà e la pazienza di leggerla con calma, dedicandole ogni opportuna riflessione ed avendo cura di attingere da varie e diversificate fonti per non rischiare di costruirsi delle idee preconfezionate da altri, come ad esempio quelle diffuse dai vincitori che, come sempre, la Storia la sanno raccontare molto bene ma solo dal proprio punto di vista. Occorre che gli Alpini Trentini tengano presente di essere figli e discendenti degli Schützen che, come loro, portavano e portano nell'animo lo stretto legame con il proprio territorio che, anche se viene spesso confuso con lo Stato, la nostra attuale Istituzione politica, sempre e comunque da rispettare, rappresenta nell’intimo di ognuno di noi la terra di origine dei padri. In questa accezione il territorio rappresenta quell’ambiente morale, quella casa ideale, diffusa tra le nostre montagne e adagiata sulle nostre verdi vallate ove affondano le radici delle nostre tradizioni, ove sono racchiusi i nostri ricordi e i nostri affetti più cari che hanno dato origine alla nostra cultura, offrendo alle generazioni passate di questa nostra terra materna e paterna le risorse basilari per la sopravvivenza e lo sviluppo della gente che qui ha vissuto e che ancora ci vive! E’ proprio grazie a queste considerazioni, forse attualmente non molto condivise dalle altre Regioni Italiane, tendenti piuttosto a considerare noi trentini come dei privilegiati, che il nostro Trentino ha potuto ottenere, dallo Stato Italiano, lo Statuto dell'Autonomia attraverso la quale viene sottolineata, ancora oggi e certamente senza eccezioni anche da parte degli Alpini trentini, questa nostra diversità storico-culturale e territoriale. Marcello Serra 02/04/2016

venerdì 1 aprile 2016

DIMISSIONI MINISTRO GUIDI

Non conosco nei dettagli la vicenda che ha coinvolto il ministro Guidi e quindi non entro nel merito della questione, limitandomi soltanto a considerare come, nel suo complesso, il comportamento della classe dirigente che ha caratterizzato il quadro di riferimento socio-politico degli ultimi trenta-quarant’anni, non abbia mai effettivamente dato prova di volersi impegnare concretamente ad operare nell'interesse di tutti i cittadini, preferendo agire piuttosto con delle finalità tese ad alimentare e mantenere in funzione un perverso meccanismo, pagato sempre dalla gente comune, in grado di assicurare una sorta di "moto perpetuo", ad appannaggio del singolo, nei vari ruoli da lui prescelti, di volta in volta, a seconda delle più favorevoli occasioni del momento, come ad esempio quello di aspirante leader, di aspirante parassita, di cattivo maestro, di nano, di ballerino, di complice, di traditore di elettori, ecc., senza trascurare le astute invenzioni e la messa a punto di specifiche organizzazioni/carrozzoni, utili solo ad imbarcarvi tutta la pletora dei "portaborse" e dei vari "portatutto" che, girando all'interno e all'esterno dei Palazzi del Potere, vanno scroccando tutto ciò che sia possibile scroccare, ovviamente sempre a spese della Collettività. Questo moto perpetuo, "mutatis mutandis", nonostante l’attuale critica situazione generale in cui la popolazione si sta dibattendo fra mille difficoltà, continua imperturbato ancora a funzionare utilizzando, per il suo mantenimento, l'energia che sottrae in continuo dalle vene e dalle tasche della povera gente la quale, ignara e paziente, sembra ormai rassegnata a considerare tale vergognosa situazione quasi come una punizione ineluttabile da scontare, non si sa per quale colpa mai commessa. Purtroppo il quadro di riferimento in cui ci troviamo immersi, trae le sue origini ed affonda le sue radici nell’eccesso di leggerezza con cui tutti noi abbiamo tollerato, per troppo tempo, l’abbandono dei valori fondanti della nostra Società Civile, favorendo la formazione ed il consolidamento di una società, cosiddetta moderna, in cui la Morale che non è necessariamente una caratteristica dell'uomo di fede ma che appartiene al DNA dell'umanità, viene ignorata e calpestata da comportamenti e da leggi spesso ingiuste e talvolta immorali che sembrano premiare il misfatto ed il furbo che lo commette, trascurando invece di evidenziare ed esaltare il sacrificio quotidiano di chi la Morale la vive applicandola realmente anche a costo di soffrire dignitosamente nella povertà e nelle difficoltà quotidiane, rifiutando di macchiarsi della vergognosa colpa di fare ricorso agli aiuti e agli aiutini dei soliti "amici autorevoli" che invece, hanno da tempo allestito l’allegro circolo di “Mutuo Soccorso Perpetuo”, strettamente loro riservato, rigorosamente a spese della collettività. Spero tanto che al più presto possa germogliare e prendere forza, in tutte le persone di buona volontà, un efficace rinsavimento morale ed un convinto ritorno ai sani insegnamenti di quanti, prima di noi, con esemplare impegno, serietà, onestà e fatica, hanno saputo costruire questa nostra società civile, impostandola sulle solide basi della Correttezza, della Verità e della Giustizia.

ANNIVERSARIO DEL TRANSITO DEL BEATO CARLO I ( FUNCHAL 1° aprile 1922 )

Il Beato Carlo rappresenta il modello di Governante da cui ogni Popolo ambirebbe di poter essere guidato. I suoi princìpi furono la Fedeltà allo Stato, la Correttezza Istituzionale, l'Onestà e lo Spirito di Servizio offerto con benevolenza alla propria Gente, senza alcun tornaconto personale. La sua fu una Persona profondamente impegnata per il bene dei suoi Popoli e per la pace, quest'ultima quale obiettivo fondamentale da perseguire a tutti i costi come Egli dimostrò di volere inseguire nella sua seppur breve ma intensa attività di Imperatore. Come Uomo, Marito e Padre, seppe inoltre sempre dimostrare un profondo attaccamento ai princìpi morali alla base della sua inossidabile fede religiosa. Come Cittadino seppe dimostrare la propria incrollabile dignità, fino alla fine, vivendo, con la sua famiglia, un’ esistenza modesta e sacrificata a seguito del suo forzato esilio che seppe vivere facendo riflettere la sua splendida nobiltà d'animo che sempre ne caratterizzò l'esemplare comportamento.