mercoledì 24 febbraio 2016

La legge e la certezza della pena

Purtroppo in Italia sta sparendo il concetto di “colpa” e quindi di “pena” per troppi dei fatti illeciti compiuti. La legge infatti ormai dimostra di non essere più in grado di imporre e garantire la certezza della pena, lasciando piuttosto tale incombenza ad un giudice qualsiasi il quale ne decide l’applicazione sulla base della propria personale interpretazione. Così accade che, in molti casi, la legge non sia OGGETTIVA come dovrebbe essere, ma sia invece diventata SOGGETTIVA in quanto assoggettata all'interpretazione del giudice il quale però, a sua volta, è consapevole che non sarà poi chiamato minimamente a rispondere, di fronte alla Giustizia, nel caso in cui la sua soggettiva interpretazione, dimostratasi errata, abbia consentito la reiterazione del reato da parte di chi non è stato da lui sottoposto alla pena prevista. I magistrati, quando vengono messi di fronte a tali spontanee osservazioni da parte della grande maggioranza della gente onesta, tendono solo a rivendicare il proprio diritto di poter interpretare la legge in quanto questa, a loro dire, molte volte si dimostra non chiara nelle sue applicazioni, dimenticando però di evidenziare il dovere morale di ogni giudice di sforzarsi ad applicare almeno quella minima dose di buon senso che, teoricamente, dovrebbe essere insita nel comportamento proprio di un magistrato "normale". A tale proposito io dico che, se la legge viene promulgata per essere al servizio dell'uomo e non per il contrario, allora deve valere anche il principio che, quando una legge si rivela carente o addirittura sbagliata in quanto va contro l’interesse ed il bene dell'uomo, occorre che questa venga al più presto cambiata per essere resa più chiara ed oggettiva nella sua applicazione, eliminando ogni elemento di soggettiva interpretazione che altrimenti continuerà a restare nella disponibilità del giudice il quale continuerà a vedersi confermato come il vero padrone di quella legge che pertanto il giudice medesimo potrà gestire a proprio insindacabile piacimento.

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